[Quodlibet, Macerata 2020]
In Poetici primati Barenghi si confronta con una domanda a dir poco ambiziosa: a che cosa serve la letteratura? O meglio: qual è stata e qual è la sua funzione nella storia dell’umanità? L’autore parte dalla convinzione che questa riflessione non possa che collocarsi nel campo delle scienze sociali: in questo senso le pagine del libro possono davvero essere considerate come «un tentativo di tracciare alcune generali coordinate di un’antropologia letteraria, o di una visione antropologica della letteratura».
Due sono le tesi che Barenghi sostiene: «Primo, la letteratura, intesa come insieme degli usi poetici della parola, è connaturata al genere umano. Secondo: il vantaggio evolutivo che essa ha offerto, e insieme la sua perdurante ragion d’essere, consiste nella coltivazione delle abilità e delle competenze sociali». Per comprovare queste ipotesi, l’autore parte dalla ricostruzione degli snodi evolutivi fondamentali della specie umana. In questa panoramica si insiste in particolare sul fatto che per l’uomo il rapporto natura-cultura non va concepito in termini di successione cronologica e gerarchica: i fattori culturali non rappresentano il culmine del processo di evoluzione, ma agiscono parallelamente e come un surrogato rispetto a quelli biologici. La cosiddetta incompletezza dell’essere umano dal punto di vista biologico (scarsa specializzazione, immaturità della prole ed estensione delle cure parentali, plasticità cerebrale…) è compensata dalla sfera della cultura, in cui ha certamente un posto di rilievo il linguaggio, alla cui origine sono dedicate alcune delle pagine più affascinanti del libro.
E del linguaggio la letteratura altro non è che una particolare applicazione, poetica e creativa, che evolve insieme all’essere umano attraversando una serie di passaggi ripresi da Barenghi, tra cui la formulazione dei cosiddetti «discorsi di ri-uso» e il «making special»di certi gesti ed espressioni. Il risultato è l’affermazione di usi che, anche se non immediatamente strumentali, vanno comunque interpretati in chiave utilitaristica, come una ricchissima cassetta di attrezzi che dà accesso a un sapere non tanto di carattere oggettivo, ma piuttosto «soggettivo, autoriflessivo e relazionale».
A questa prima parte del volume, che traccia le basi di una interpretazione della letteratura in senso evoluzionistico, ne segue una seconda, Applicazioni e presupposti, in cui si affrontano alcuni aspetti particolari del quadro ottenuto: la finzione letteraria, la differenza tra questa e la finzione ludica, il ruolo di entrambe sia a livello filogenetico che ontogenetico, l’applicazione del concetto di exaptation nel campo della cultura. Chiude il volume un affondo su un caso letterario, Lessico famigliare di Ginzburg, in cui Barenghi ritiene di poter individuare dei buoni esempi di elaborazione di discorsi di ri-uso (a testimonianza di come spesso la letteratura si trovi ad anticipare riflessioni teoriche più articolate: è improbabile infatti che l’autrice conoscesse i lavori di Lausberg).
Almeno due sono i meriti di Barenghi. A livello di metodo, l’apertura agli studi scientifici sull’evoluzione non avviene per mera adesione a un imperativo alla multidisciplinarità, ma è il frutto di una profonda curiosità intellettuale che vuole superare i confini tra le discipline nel tentativo di restituire la complessità dell’argomento. In secondo luogo, Barenghi riesce nell’obiettivo di ridare alla letteratura un valore concreto, poiché connaturato alla nostra evoluzione: in essa, sulla scia dei numerosi studi richiamati, viene individuato tanto un ingrediente quanto un prodotto fondamentale, e forse addirittura il più specifico, della storia della specie umana. Perché, come nell’esperimento mentale formulato da Gottschall e ripreso nel volume, tra una cosiddetta Tribù della Pratica e una Tribù delle Storie – la prima dedita esclusivamente ad attività con un fine pratico preciso, la seconda impegnata, oltre che in queste indispensabili occupazioni, anche nel raccontare storie – chi avrà la meglio? «Ovviamente la seconda».
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