allegoriaonline.it

rivista semestrale

anno XXXVII - terza serie

numero 91

gennaio/giugno 2025

Alejandro Patat – Patricia Peterle, À escuta da poesia: ensaios

[Relicário Ediciones, Belo Horizonte 2023]

À escuta da poesia di Patricia Peterle è una raccolta di dodici saggi scritti in lingua portoghese che si propongono di analizzare e interpretare alcuni testi poetici italiani, non secondo un filo conduttore storico-letterario, ma a partire dalla nozione di linguaggio poetico. Gli autori considerati sono Dante, Cavalcanti, Pascoli, Montale, Delfini, Caproni, Zanzotto, Pasolini, Anedda, Testa, Magrelli, Cavalli e Calandrone. La lettura dei primi due funziona come ancoraggio archeologico del percorso, nel senso che Foucault e Agamben hanno dato a questo procedimento: trovare gli apriori storici di un sistema culturale per comprendere su quali assi portanti esso si sostenga.

A partire dalla riappropriazione di Pascoli dell’episodio di Belacqua, si vuole condurre il lettore all’idea di scrittura come “contemplazione” della lingua poetica nei termini di Agamben. «La contemplazione della lingua – sostiene Peterle – è un gesto civile, una generosità anacronistica che sopravvive nell’incrocio dei tempi» (p. 41). Esempio lampante di questa riproduzione all’infinito è la riscrittura dell’esilio non inteso solo in chiave politica ma come dispositivo che ha determinato la storia del linguaggio italiano. Nel saggio dedicato a Cavalcanti si entra invece nel problema del corpo: la sua poesia avrebbe collocato ogni indagine fisica e metafisica in un limite in cui tutto – mente, anima e cuore – appare ambiguo e sospeso. Quindi, un sistema culturale compatto come la poesia italiana viene decodificato sulla base di questi due concetti: il margine che produce l’esilio e l’ambiguità che comporta l’indefinito. «La letteratura è uno spazio poroso e rovinoso, un laboratorio di esperienze con/nel/del linguaggio» (p. 83). Questa frase sembra aprire la lunga sequenza di saggi dedicati alla poesia contemporanea. L’analisi della poesia di Delfini serve a stabilire un patto: ogni testo va letto come rovina, residuo, dai cui spiragli si apre la strada alla conoscenza. Riprendendo una intervista a Enrico Testa, l’autrice del volume sottolinea la potenza della parola poetica, che consiste nel lasciare inoperose le funzioni regolatrici e comunicative della lingua. Il linguaggio, dunque, è esaminato alla luce di molte letture filosofiche del Novecento allo scopo di abitarne la fragilità, l’inconsistenza e l’insignificanza.

Gli ultimi saggi analizzano la poesia italiana contemporanea in funzione della realtà del Paese. Così, il Diario d’Algeria di Vittorio Sereni e la poesia di Caproni o di Zanzotto vengono interpretate come testimonianza della dissoluzione di tutti i paradigmi su cui poggia l’agire umano, inclusa la parola poetica. Mentre le opere di Testa, Magrelli e Anedda servono a ragionare sul contesto socio-politico attuale: la poesia rivela un’Italia circondata da guerre, ingiustizie, persecuzioni, terrorismi in agguato e, soprattutto, un’Italia sommersa in una pace percepita come tregua. Di tutte le tragedie storiche che si susseguono dal Novecento in poi, la poesia si fa eco dolorosa e apre il campo alla lingua della desolazione, della distruzione, dell’abbandono. Infine, non mancano nel ricchissimo testo di Peterle rimandi molteplici alle immagini pittoriche e cinematografiche. Il rapporto tra poesia e immagine crea una tensione tra linguaggio velato e la parola che svela. Ma a sondare i significati oscuri, trasversali, invisibili è lo sguardo del poeta e l’ascolto del lettore.

Perché, in sintesi, ci sono almeno due parole chiave nel saggio À escuta da poesia di Patricia Peterle: ascolto ed erranza. La prima è presente nel titolo: l’ascolto è più di un metodo d’indagine del sapere poetico, è piuttosto una facoltà conoscitiva che consiste nel captare ciò che la poesia dice anche fuori del suo tempo. E implica anche l’ascolto del lettore, che presta il corpo affinché la poesia si manifesti. Erranza, parola presente invece nel titolo del primo saggio, è la spia di un procedere della nota italianista brasiliana tra testi, tradizioni, concetti, idee e riferimenti critici in modo mai scontato e sempre originale.

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