[SEB27, Torino 2023]
Nel 2023, Roberto Cazzola – responsabile della germanistica, prima per Einaudi e poi per Adelphi – ha pubblicato per Edizioni SEB27 Un quarto di pera di Giulio Einaudi. E altre memorie editoriali, nella serie «Tamburi di Carta», una collana dal nome sonante che fa riecheggiare ricordi del passato. È proprio il suono che organizza la memoria di Cazzola e dei suoi anni nell’editoria: dal rumore dei passi di Giulio Einaudi lungo il corridoio della sede torinese della casa editrice, alle mille voci di interlocutori e scrittori che hanno contraddistinto quegli anni. Nella prima parte – dopo la premessa dedicata ad Adelphi e a Roberto Calasso, abile editore e uomo riservato, con una straordinaria «intelligenza del cuore» – Cazzola ripercorre il suo periodo da «einaudiano» (pure se «einaudiani si rimane anche dopo»). Nel 1974, appena ventenne, comincia a lavorare nella casa editrice torinese, che sta vivendo un periodo fortunato grazie alla pubblicazione di Storia d’Italia di Corrado Vivanti e Ruggiero Romano. Dal 1981, Cazzola lavora a stretto contatto con Einaudi fino al 1983, quando si trasferisce a Vienna. Nella maggior parte dei casi, i ricordi legati all’editore sono riconducibili a due dimensioni: le riunioni editoriali e la tavola. Entrambi spazi di condivisione di idee, ma con una differenza nella modalità in cui questo scambio avviene. Le riunioni editoriali si svolgono nella storica sede di via Biancamano a Torino, oppure nelle due residenze fuori città, tra le montagne piemontesi tanto care all’editore: Perno e Rhêmes.
Qui lavora a pieno ritmo l’«officina culturale», «luogo di confronto (talora acceso e aspro) in cui il lavoro sapeva darti felicità, una vera felicità mentale, rendendoti partecipe – al di là di ogni specialismo – alla costruzione di un catalogo dai titoli pensati per rimanere vivi nei decenni». Tra le numerose riunioni infuocate dei mercoledì einaudiani, Cazzola ricorda il «mercoledì-fiume», che meglio raffigura l’atmosfera di quegli incontri, fomentata da un provocatorio Einaudi, che gode di quello scontro tra grandi menti, generatore di successi editoriali. A tavola, in un’atmosfera più rilassata, «il discorso sui libri continuava e si accendeva in piena libertà, fra improvvise illuminazioni per nuovi progetti, sapide battute e sottili perfidie» e, a volte, il tutto era accompagnato da un quarto di pera, generosamente offerto da Einaudi, mentore di una «malignità brillante», spietato e amorevole al contempo, come un buon padre con il figlio.
Cazzola prosegue il racconto, delineando il leitmotiv delle sue scelte editoriali: fare memoria. «Il filo conduttore è la memoria, il romanzo come scavo nella Storia, come “a poco a poco il ricordo”, come restituzione, risposta etica alle tragedie e alle ingiustizie del passato, come appuntamento fra generazioni». Il “fare memoria” risponde alle necessità di un Cazzola parresiasta, determinato a parlar franco, a rivelare ciò che è nascosto nella Storia, dare voce ai morti e raccontare altre verità. Le proposte di Cazzola portano in Italia grandi opere della letteratura mitteleuropea – Sebald, Kolitz, Nádas, per citare alcuni degli autori promossi. Un quarto di pera si presenta così anche come il racconto della nascita di un libro: «un lavoro al tempo stesso individuale e condiviso, solitario e di confronto costante». Dare vita a un libro è un gioco serio – per citare il titolo di uno dei capitoli –, significa «antivedere», anticipare cosa è importante portare alla luce, quale ricordo salvare, vedere oltre le apparenze, riconoscendo il valore di un’opera. Perché, infine, leggere questo libro? Per poter apprezzare i ricordi di un passato nell’editoria che fa venire nostalgia al lettore, quasi geloso di non aver vissuto altrettante avventure; ma anche per poter comprendere il funzionamento del sistema letterario e scoprire una delle figure più emblematiche di questo settore: Roberto Cazzola.
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