[ Fondazione Mondadori, Milano 2022 ]
A cosa pensiamo quando pensiamo all’America? Grattacieli, Hollywood, il selvaggio West, Wall Street: bastano queste poche parole per stilizzare un mito, quello degli Stati Uniti, che ci è ancora contemporaneo. Le sue radici, tuttavia, affondano ben al di là, negli anni Venti e Trenta, quando la letteratura iniziava a diffondersi presso strati della popolazione rimasti fino ad allora a digiuno di libri. Il saggio di Cinzia Scarpino, Dear Mr. Mondadori, concentrandosi sull’omonima casa editrice, prova a misurare, dagli anni Trenta agli anni Sessanta, la forza di propulsione di questo mito letterario a partire dalla fortuna italiana di alcuni grandi autori americani. In particolare, nel libro ci si concentra sulle relazioni, complesse e discontinue, che caratterizzano il campo letterario nella sua interezza, privilegiando i sistemi relazionali che gettano le basi del successo letterario. Proprio questa predilezione per le dinamiche dei vari autori nello spazio letterario globale porta Scarpino sia a confrontarsi con l’acclimatarsi delle opere nel panorama italiano, sia a gettare uno scandaglio sulle premesse, sul percorso e la fortuna degli autori prima di diventare celebri e trasformarsi in, appunto, autori. Questa scelta, oltre a essere di per sé originale, permette di osservare l’intera parabola della traiettoria degli scrittori, dall’esordio alla consacrazione internazionale, fino all’arrivo in Italia, con tutte le leggi che l’hanno regolata. In questo senso, ogni autore è un caso a parte, sia per le caratteristiche intrinseche al personaggio e alle opere, sia per il diverso peso che aveva in patria e all’estero. La diffusione di Hemingway, ad esempio, a causa della censura che in Italia colpisce A Farewell to Arms, subisce un considerevole ritardo nel nostro paese, mentre altrove l’autore è già consacrato. Faulkner, invece, fatica ad affermarsi già negli Stati Uniti e il suo successo sarà garantito definitivamente solo dal Nobel. Interessanti poi i capitoli dedicati ad autori oggi dimenticati, come Saroyan, la cui diffusione in Italia è subordinata perlopiù all’investimento di intellettuali in vista, come Vittorini, che lo inserirà in Americana, e lo celebrerà come suo alter ego d’oltreoceano. Attorniata da questi scrittori vi è poi la stessa figura di Mondadori, la cui fisionomia acquisisce una nuova plasticità che conferma comunque il suo protagonismo nel panorama letterario italiano. Grazie alla consulenza di personaggi di spicco, l’editore risulta, di fatto, un asso piglia tutto, capace di cogliere le opportunità del mercato (si veda Via col Vento di Mitchell) e approfittare delle debolezze dei rivali. Come si può immaginare, questa complessa rete di relazioni fra scrittori, agenti e imprenditori si è potuta ricostruire solo grazie a una mole vastissima e inedita di documentazione, che Scarpino dispiega in modo sapiente e mirato. Inoltre, visto che, come si sa, i documenti non parlano da soli, nella trattazione Scarpino si impegna a inserirli volta per volta in una cornice interpretativa che fa capo alla sociologia dell’arte di Pierre Bourdieu e, più in particolare, agli studi di Pascale Casanova sui movimenti transnazionali delle opere letterarie. Grazie a questi sofisticati strumenti critici, maneggiati in modo oculato, il libro ci aiuta infine a sbrogliare una matassa articolata e oscura, fino a oggi trascurata, rendendo più limpida e comprensibile la rete sociale che vi era implicita: la stessa che, dagli anni Trenta fino agli anni Sessanta, ha permesso ai grandi classici americani di compiere il passo per diventare in Italia un vero e proprio mito.
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