[ a cura di G. Iacoli, D. Varini, C. Varotti, Mucchi Editore, Modena 2022 ]
Il volume Parole che formano raccoglie 15 saggi di altrettanti autori riuniti intorno a iniziative promosse dall’Università di Parma. Obiettivo dichiarato è quello di «ripensare momenti, figure, temi dell’educare nella storia letteraria e nella storia della cultura moderna e contemporanea», senza «aspirazione alla sistematicità o alla organicità storica» (p. 8). È centrato. Il lettore affronta un viaggio nel tempo dalla cultura umanistica tra Tre e Quattrocento (prima sezione) agli anni Duemila (terza), attraversando l’Ottocento (seconda), quando il processo che anticipa e segue l’unità nazionale impone una riflessione sistematica sull’educazione. Così, al centro materiale (e ideale) del volume, si collocano due saggi (Cepparone, Iacoli) su Cuore, libro dalla genesi sofferta e dalle molteplici interpretazioni, ipotesto di una serie variegata di riscritture. Nonostante la simmetria delle sezioni, però, il lettore si sente chiamato a cogliere la varietà degli spunti offerti e a costruire più mappe di intrecci e combinazioni tra i contributi che superano i confini delle epoche storico-culturali.
La varietà è innanzitutto metodologica, rispecchia le differenze tra gli autori e la pluralità dei temi proposti. Il titolo del volume, infatti, è necessariamente riduttivo: a formare sono tanti tipi di parole ma anche di illustrazioni (Madella, Catelli); le parole sono lette oppure ascoltate in contesti teatrali (Salvarani, Bonazzi); si trasmettono in famiglia (Varotti) o a scuola (Tongiorgi, Marsi); sono oggetto di rappresentazione in testi italiani (Gialloreto), eventualmente confrontati con testi stranieri (Confalonieri). Fino a dover riconoscere che la parola stessa educazione, della cui storia nel sottotitolo si vogliono cogliere gli intrecci con la letteratura, può essere declinata in varie forme e chiama alla responsabilità lo scrittore in cui l’istanza di engagement civile si sovrappone a quella pedagogica (Varini, Ruozzi), l’insegnante ma anche l’editore (Piazza) e le agenzie educative in costante aumento.
Tra i motivi di questa impostazione aperta c’è senza dubbio il fatto che quello della storia dell’educazione è «un territorio critico ancora non pienamente sedimentatosi, frammentato e […] da istituzionalizzare» (p. 11). Essa però offre un duplice vantaggio: da una parte dissemina stimoli di riflessione ad ampio raggio per i più diversi studiosi; dall’altra illumina non solo la complessità della funzione-educazione nella cultura ma anche quella della storia letteraria. Di essa infatti nei saggi si riscoprono ricchezza e varietà, sia attraverso autori minori e fuori dal canone, sia attraverso nuovi tagli di lettura dei pilastri della nostra letteratura.
Il volume si chiude con la postfazione di Cantatore che procede a una nuova sintesi dei contributi (più dettagliata di quella dell’introduzione) e ne propone una rilettura globale in prospettiva cronologica; benché essa in parte contraddica la scelta esplicitata di ragionare in un’ottica non diacronica, è funzionale all’approfondimento di interessanti riflessioni sui «tre concetti seminali nella costruzione identitaria dell’essere vivente» (p. 293): canone, tradizione, rinnovamento.
È anche attraverso di essi che si può chiudere l’ultima questione che il volume (implicitamente) pone: se si possa considerare tra i suoi destinatari il docente, in particolare quello di scuola secondaria che materialmente si confronta con l’educazione attraverso la letteratura. La risposta è affermativa. Per l’uso di molteplici temi e metodologie del discorso letterario; per la riflessione sulla responsabilità nel processo formativo; per la scoperta che molte questioni pedagogiche, che oggi si impongono come nuove e che spesso si vogliono risolvere con proposte improbabili, sono antichissime e hanno a che fare, come intuiscono proprio gli umanisti (Severi), con il delicato equilibrio da trovare negli studi tra l’eredità delle generazioni che precedono e la libertà del singolo di formare la propria identità.
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