Nella monografia dedicata a Robert Altman De Bernardinis definisce l’anti-hollywoodiano di Kansas City come il cineasta che più di ogni altro ha fatto fruttare metodologicamente la natura allegorica del mezzo cinematografico; dove l’allegoria è intesa, in un’accezione novecentesca, come pratica operativa di ri-scrittura della realtà e non semplicemente come figura retorica. In questo senso, Short Cuts (America oggi, 1993) è un film allegorico per eccellenza: nel momento in cui denuncia l’impossibilità di narrare l’oggi, in un mondo assediato dal culto della serialità, compone un’epopea della società d’America contemporanea. Attraverso i frantumi di vita (tagliati, scorciati, rimontati) di venti personaggi, antieroi del moderno che, guidati dal caso, si sfiorano e s’incrociano in una quotidianità priva di senso, il regista dà vita ad un affresco amaro dell’umanità del ventesimo secolo, inabissata in una bolgia di violenza e alienazione.
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