Partendo dalle convincenti analisi di Tiziana de Rogatis e Katrin Wehling-Giorgi su La Storia come esempio di realismo traumatico, questo articolo riassume brevemente l’esperienza di clandestinità vissuta da Elsa Morante durante l’occupazione nazista di Roma e dell’Italia. Successivamente, colloca La Storia in una nuova categoria di letteratura legata alla Shoah, che definisco “letteratura della clandestinità”: una produzione composta da testi scritti da ebrei che sfuggirono alla deportazione e che rielaborarono le loro esperienze in forma romanzesca o non romanzesca. Il fulcro dell’articolo è l’analisi di Davide Segre, analizzato per la prima volta attraverso i suoi complessi traumi legati alla Shoah, in quanto giovane ebreo scampato alla deportazione. L’articolo esplora la sua esperienza di clandestinità, il senso di alienazione e colpa, e discute i diversi meccanismi narrativi attraverso cui i traumi di Davide si manifestano nella Storia.
Building upon the convincing analyses of La Storia as a work of traumatic realism by Tiziana de Rogatis and Katrin Wehling-Giorgi, this article briefly summarises the experience of hiding and clandestinity that Elsa Morante went through during the Nazi occupation of Rome and Italy. It then situates La Storia within a newly articulated category of Holocaust-related literature, which I define as “the literature of hiding”, consisting of texts written by Jewish people who evaded deportation and reworked their experiences in fictional or nonfictional terms. The core of the article deals with the portrayal of the much-discussed character Davide Segre, focusing for the first time on his complex, entangled Holocaust-related traumas as a young Jewish man who survived deportation by first hiding and later joining a group of partisans. It examines his experience of hiding and his sense of displacement, alienation and guilt, and discusses the various narrative mechanisms through which Davide’s traumas are manifested in La Storia.
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