La crisi della critica ha molte facce e coinvolge contemporaneamente lo statuto della disciplina, con le sue implicazioni ideologiche, le istituzioni nelle quali essa viene praticata e trasmessa (università, scuola, editoria, giornalismo), la condizione sociale di chi la esercita. Anche per questo, la consapevolezza che della crisi hanno i critici varia a seconda del punto di vista; e benché questo non possa deterministicamente ridursi a una questione generazionale o di collocazione nel mondo del lavoro, pure le condizioni materiali pesano sulle analisi e sulle ipotesi. In più occasioni la nostra rivista ha affrontato l’argomento, e ospitato interventi che lo affrontassero. Abbiamo voluto ora tentare un affondo più sistematico e organico, rivolgendo a quindici studiosi le stesse cinque domande, volutamente esplicite e in qualche caso provocatorie, con la fiducia di poter individuare grazie al ventaglio delle risposte un orizzonte comune o almeno qualche costante. Gli intervistati sono stati selezionati sulla base di una logica esclusivamente generazionale, benché piuttosto larga – nessuno ha meno di trenta e nessuno più di cinquant’anni –, con l’ambizione di definire un campione relativamente omogeneo almeno per questa importante variabile.
Diversificata è tuttavia la collocazione lavorativa, ora precaria e ora strutturata all’interno dell’università; mentre in alcuni casi risulta significativa la partecipazione, con funzioni diverse, al mondo del giornalismo e dell’editoria. Alcune dominanti di fondo tengono insieme molti degli interventi ricevuti, a partire dalla perplessità nei confronti della critica militante, delle tradizioni di scuola e dei maestri, così come emerge in numerose risposte la consapevolezza di un legame tra l’incertezza della collocazione lavorativa e quella dello statuto critico, o, anche, tra il degradarsi della didattica universitaria e le difficoltà della ricerca. Va da sé che non meno significativo è poi il ventaglio specifico delle analisi e delle proposte, così variegato e ricco da non tollerare riduzioni semplificanti. Piuttosto, le quindici interviste costituiscono un materiale ricco e prezioso sul quale invitiamo al dibattito, e questa volta senza vincoli generazionali: chi non è stato coinvolto in questa fase, e anche chi, già coinvolto, desideri intervenire dialogando con gli altri intervistati. Quale che sia la posizione di ciascuno sul tema della crisi della critica, non si può infatti dubitare che una ragione di crisi è la scarsa opportunità di confronto autentico fra i critici; e che ogni spazio o ragione di dialogo e di scambio collaborano a dare un senso e una legittimità al nostro lavoro. Con queste finalità abbiamo realizzato le interviste qui raccolte, e innanzitutto in questa prospettiva ringraziamo in modo non solo formale chi ha accettato di rispondere alle nostre domande.
1. La critica militante ha comportato, sin dai suoi esordi, decise scelte di campo e una dichiarata parzialità. Anche nell’attuale eclettismo delle teorie e dei metodi ritenete le scelte di campo un momento inevitabile nell’esercizio critico?
2. L’altra caratteristica della critica storica è il senso di appartenenza ad una “scuola” entro cui la trasmissione dei saperi e delle competenze passasse attraverso il riferimento a comuni “maestri”. Ritenete ancora valida e attuale tale pratica? E, soprattutto, qual è il vostro atteggiamento nei confronti dei maestri e dei padri? Oggi, tra i due estremi, c’è più rimozione o angoscia dell’influenza?
3. Come si coniuga per un critico accademico lo studio scientifico (e dunque, essenzialmente, la valorizzazione del canone e della tradizione) con la militanza e lo sguardo al presente? Possono applicarsi all’attualità letteraria gli stessi criteri e metodi validi per testi tradizionali e già canonizzati? O, altrimenti, in quale prospettiva ideale si inquadra per voi il presente, e come scegliete gli oggetti della vostra attività critica?
4. Il dominio assoluto della rete nel dibattito critico contemporaneo ha mutato secondo voi i metodi e i linguaggi della critica, o li ha perlomeno condizionati? E qual è secondo voi il rapporto della rete con il mercato?
5. Il nostro paese vive un momento di gravissima emergenza storica rispetto alla generazione dei trentenni e dei quarantenni, tenuti ai margini della vita produttiva in generale, e scolastica e universitaria in particolare, con la conseguente perdita delle sicurezze materiali date ormai per acquisite dalle generazioni precedenti. Come questa consapevolezza attraversa o condiziona le vostre scelte critiche e, più in generale, la vostra posizione nel campo intellettuale?
Rispondono Giancarlo Alfano, Cecilia Bello Minciacchi, Clotilde Bertoni, Federico Bertoni, Raoul Bruni, Alberto Casadei, Matteo Di Gesù, Daniele Giglioli, Claudio Giunta, Gabriele Pedullà, Pierluigi Pellini, Gianluigi Simonetti, Italo Testa, Antonio Tricomi, Paolo Zublena
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