allegoriaonline.it

rivista semestrale

anno XXXVI - terza serie

numero 89

gennaio/giugno 2024

Matthieu Vernet – Perché un nuovo Contre Sainte-Beuve

Perché e come fare un’altra edizione del cosiddetto Contre Sainte-Beuve in occasione del centenario della morte di Proust? Da una cinquantina d’anni e da quando il testo è stato inserito nella collana della «Bibliothèque de la Pléiade», la domanda è tornata di continuo in articoli pubblicati su riviste, proustiane e non solo, in conferenze, comunicazioni, seminari e convegni. L’edizione di questo testo comporta infatti problemi di vario tipo. C’è prima di tutto un problema editoriale, dato che esistevano due versioni concorrenti in francese, entrambe pubblicate da Gallimard, ciascuna delle quali proponeva un montaggio diverso di testi e, soprattutto, riprendeva materiali diversi. La prima è stata pubblicata da Bernard de Fallois nel 1954 con un titolo scelto da lui stesso rifacendosi a due occorrenze della formula «Contre Sainte-Beuve» presenti negli appunti di Proust, la seconda è stata pubblicata da Pierre Clarac nel 1971 per la «Bibliothèque de la Pléiade». Però queste edizioni già negli anni Novanta erano considerate datate, tanto che, quando io ho iniziato a lavorare su Proust, era considerato chic leggere il Contre Sainte-Beuve in tedesco, nell’edizione realizzata da Mariolina Bertini nel 1997 – proprio come era stato chic per i tedeschi, molti decenni prima, leggere Hegel in traduzione francese. Alla fine degli anni Novanta, il testo composto e proposto da Bertini era infatti la ricostruzione più soddisfacente, e meno invasiva, in circolazione, anche se in lingua straniera. Le più recenti traduzioni olandesi e spagnole del Contre Sainte-Beuve hanno giustamente seguito la stessa direzione, prendendo l’edizione tedesca come testo di riferimento. Per una nuova edizione, su quale Contre Sainte-Beuve basarsi dunque? In realtà, dietro la questione dell’edizione di riferimento se ne nasconde una più centrale e importante, cioè la questione di quello che potremmo chiamare il canovaccio narrativo – o la sceneggiatura, se vogliamo usare una metafora cinematografica – del Contre Sainte-Beuve, cioè come assemblare e quale ordine dare all’insieme di frammenti sparsi, scritti in maniera indipendente gli uni dagli altri, senza alcuna evidente connessione o continuità.

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