allegoriaonline.it

rivista semestrale

anno XXXVI - terza serie

numero 90

luglio/dicembre 2024

Francesca Lorandini, Gloria Scarfone – Marcel Proust, Essais

Per il comune sentire dello studioso di letteratura non francesista, Marcel Proust è l’autore di due opere: uno dei capolavori della letteratura mondiale, cioè Alla ricerca del tempo perduto (pubblicato tra il 1913 e il 1927), e uno dei classici della critica del Novecento, cioè il Contre Sainte-Beuve (scritto tra il 1908 e il 1909 e pubblicato postumo una prima volta nel 1954 e una seconda volta nel 1971). Un romanzo «forse non facile a leggersi, ma facilissim[o] a ricordarsi, anche senza averl[o] lett[o]»,1 e un saggio di cui tutti conoscono la tesi anche senza averlo letto e senza conoscerne la vicenda editoriale. Il Contre Sainte-Beuve è stato uno dei riferimenti teorici principali contro il biografismo in letteratura e rappresenta quindi il baluardo di un imperativo cui la teoria e la critica strutturalista hanno contribuito a dare man forte, fino a farlo diventare habitus, l’habitus di ogni buon critico letterario: bisogna separare l’uomo dall’opera, perché la vita non può spiegare, se non superficialmente, l’opera di uno scrittore. Oggi però nell’ambito degli studi letterari questo imperativo è costantemente messo in discussione, e per gli studiosi dell’opera proustiana appare legato a un giudizio riduttivo e in parte fuorviante perché il Contre Sainte-Beuve non solo è molto di più di questo, ma è soprattutto qualcos’altro: è – insieme ai Settantacinque fogli rimasti inediti fino al 2021 – l’avantesto più importante della Recherche.

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