Leggere «con ritardo / Lolita e Il gattopardo ̈, o anche più modestamente Troppi paradisi, produce nell’ultimo arrivato una curiosa deformazione percettiva: la messe di articoli e la divaricazione dei giudizi critici hanno trasformato il romanzo di Siti nel simbolo-sintomo di qualcosa di più ampio, sino a rendere quasi impossibile un discorso che non tenga conto della straordinaria accoglienza riservatagli. Alla verifica del testo, il tono acceso dei consensi e delle ripulse finisce però per non stupire, dal momento che Troppi paradisi si presenta come un libro che si prende enormemente sul serio (e che pertanto vuole essere preso sul serio), appositamente concepito affinché anche i lettori più disattenti si convincano subito che, riuscita o non riuscita, quella che hanno dinnanzi agli occhi è un’opera con la quale occorrerà comunque fare i conti.
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