Non è stato Fredric Jameson ad inventare il termine postmoderno; e neppure Jean François Lyotard, sebbene lo scelga come aggettivo per il titolo del suo pionieristico saggio pubblicato alla fine degli anni Settanta. Tuttavia, è solo con il lavoro teorico di Jameson che la parola “postmoderno” diventa termine guida del dibattito teorico contemporaneo fino ad assumere la dignità di concetto storico periodizzante.
Dopo la pubblicazione sulla «New Left Review» nel 1984 di Postmodernism, or the Cultural Logic of Late Capitalism diventerà comune, infatti, pensare come postmoderna l’età contemporanea, qualificandola, con questo aggettivo, come «età della fine del processo di modernizzazione». La discussione teorica, che lo scritto ha inaugurato, sul significato di questa trasformazione profonda della vita quotidiana nelle società occidentali, ha occupato il centro della teoria critica internazionale per almeno vent’anni.
Non stupisce che Postmodernism sia stato subito tradotto in moltissime lingue, fra cui, già alla metà degli anni Ottanta, il cinese mandarino; mentre non è forse del tutto privo di significato che non esista ancora, a tutt’oggi, una traduzione francese e neppure tedesca.
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