Il dibattito internazionale sulla crisi delle discipline umanistiche ed il loro incerto futuro è stato accompagnato, in questi ultimi anni, da sempre più ricorrenti e accorati appelli a “globalizzare” gli studi letterari – penso, ad esempio, ai controversi articoli di Franco Moretti sulla letteratura universale pubblicati presso la «New Left Review», alle Wellek Library Lectures di Gayatri Chakravorty Spivak sulla situazione corrente della comparatistica raccolte nel volume Morte di una disciplina, o alle edizioni speciali di prestigiose riviste come «PMLA».
Ciò che accomuna tutti questi interventi sono le critiche rivolte sia alla rigida separazione accademica dei dipartimenti in cui si studiano le varie letterature nazionali, che rifletterebbe un modello di organizzazione disciplinare che risale all’Ottocento ma rimane tuttora prevalente; sia nei confronti della miopia dimostrata dalla moderna comparatistica di origine europea rispetto alle promesse ed aspettative di abbracciare una dimensione genuinamente mondiale degli studi letterari.
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