Assia Djebar nasce nel 1936 a Cherchell, in Algeria. Per volontà del padre frequenta la scuola francese e, mentre le giovani cugine rientrano a casa per mettere il velo, lei s’iscrive al liceo. Si trova così a vivere scissa tra due mondi: da una parte il mondo delle donne musulmane rinchiuse nell’harem dai loro guardiani, e dell’arabo, lingua dell’infanzia e dell’intimità; dall’altra quello della scuola e del francese, lingua del colonizzatore, che le permette però di circolare negli spazi vietati della città, le parla di libertà e di “amore”, parola a lungo vietata alle donne dalla cultura araba.
Nel 1955 si trasferisce a Parigi, dove è la prima donna ammessa all’École Normale Supérieure de Sèvres, ma continua a fare la spola tra Francia e Maghreb per ragioni di studio. Nel ’58 è a Tunisi dove conosce Frantz Fanon e dove comincia a lavorare per un giornale locale denunciando il dramma dei rifugiati algerini. Coinvolta nella guerra di liberazione, torna ad Algeri nel 1962, dopo la proclamazione dell’Indipendenza, ma gli anni Ottanta segnano una nuova ondata di violenza da parte degli integralisti islamici e la scrittrice si allontana per sempre dal suo Paese.
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