Il termine essais, scelto per intitolare questo volume, è lo stesso che Proust a volte usa per indicare le prime fasi della sua riflessione su Sainte-Beuve. Inizialmente parla di un articolo: «Vorrei scrivere un articolo su Sainte-Beuve, vorrei dimostrare che quel metodo critico che desta tanta ammirazione è assurdo, che lui è un cattivo scrittore, e forse questo mi porterebbe poi a dire delle verità più importanti». Presto però gli sostituisce il termine essai: «Benché ogni giorno attribuisca meno valore alla critica e persino, a dirla tutta, all’intelligenza, perché sono sempre più convinto che essa sia incapace di ricreare la realtà come invece deve fare ogni arte, oggi proprio all’intelligenza mi affido per scrivere un saggio [essai] in tutto e per tutto critico » (Ess, p. 695, Notes sur l’intelligence). Proust riassume splendidamente la situazione paradossale che sta vivendo nel 1909: per lui la critica non aveva, o non aveva più, alcun valore, ma doveva comunque attraversarla, cioè passare attraverso il saggio, per elaborare un romanzo che si sarebbe schierato contro l’intelligenza, e che proprio sull’intelligenza sarebbe stato interamente basato. Il saggio resterà infatti un caposaldo indispensabile al romanzo, non solo dal punto di vista della storia e della genesi del testo, ma anche dal punto di vista intellettuale.