Il centenario della morte di Marcel Proust è stato celebrato ben al di fuori della cerchia degli specialisti: oltre alle pubblicazioni, ai seminari e ai convegni universitari, le attività divulgative sono state moltissime, promosse da istituzioni, associazioni culturali, librerie, biblioteche; si è parlato di Proust in programmi tv, alla radio, su Instagram. A Parigi hanno allestito tre belle mostre: al Musée Carnavalet, sulla Parigi di Proust e della Recherche, al Musée d’art et d’histoire du Judaïsme, sul legame di Proust con il mondo ebraico, e alla Bibliothèque nationale de France, sull’elaborazione e la fabbricazione della Recherche. Tre mostre accompagnate da una programmazione culturale in linea con quella che è la norma del sistema museale odierno: cineforum, conferenze e concerti, performance per adulti e per bambini, ma anche attività didattiche ad ampio raggio, come atelier di scrittura e di cucina. Un Proust prêt-à-porter, alla misura di tutti, brandizzato come un vero e proprio marchio – cosa che a Proust, chissà, forse non sarebbe poi dispiaciuta, lui che tanto ha fatto per essere riconosciuto come un grande scrittore nei circoli dove la fama si costruisce, e che desiderava essere letto da tutti. Anche in Italia l’attività divulgativa è stata molto intensa, inaugurata nel dicembre 2021 dalla copertina del «Venerdì» di Repubblica che lo definiva «L’uomo dell’anno».
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