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rivista semestrale

anno XXXVI - terza serie

numero 90

luglio/dicembre 2024

Valeria Cavalloro – Hayao Miyazaki, Il ragazzo e l’airone

[ Giappone, 2023 ]

È un film molto serio, Il ragazzo e l’airone di Hayao Miyazaki: un film difficile e duro, testamento artistico-filosofico dell’autore che interroga il pubblico con una secca domanda morale sulla vita, rifiutando giri di parole e abbellimenti, con un’urgenza etica che non accetta di essere rimandata.

Autenticamente dantesca, la storia cupa del film segue il viaggio dell’adolescente Mahito, giovane prostrato dal lutto per la morte della madre e tentato dalla malvagità, che smarrisce la via e si ritrova ad attraversare una letterale selva oscura per raggiungere l’oltretomba alla ricerca di una donna morta, scortato da tre guide che lo conducono nei meandri infernali e purgatoriali di un regno metafisico dominato dalla violenza, fino a un vuoto paradiso dove il vecchio Uomo della Torre – stanco Dio o Demiurgo, falsa divinità, dotata di un potere preso in prestito e superiore alle sue doti morali – contempla da solo le storture di un sistema che ha architettato ma che non è più in grado di correggere. Ma se la Commedia conduce Dante ad ammirare un aldilà perfettamente pianificato dall’ineffabile saggezza divina, Miyazaki contesta radicalmente l’ordine dell’universo, rivendica la compassione per la fragilità umana e mette in mostra un cosmo larvato di ingiustizie gratuite e cieche. Persino le tre guide di Mahito – l’airone ingannatore, la virgiliana Kiriko e la ragazza-ricordo Himi – sono accompagnatori reticenti e rassegnati, che assolvono i compiti assegnati dal creatore non per fede, ma per senso del dovere nei confronti di un mondo spezzato, senza offrire giustificazioni o fantasie consolatorie. Nella realtà ultraterrena del film l’impressione di un dolore sproporzionato alle forze degli individui pervade ogni cosa e non è redento da alcun senso di superiore giustizia o razionalità: come nella bellissima scena dei pellicani, che per non morire di fame sono costretti a divorare le anime dei nascituri e per questo vengono bruciati vivi, o come nel caso dei brutali parrocchetti antropofagi, figure della guerra e del militarismo onnidistruttivo, la cui ingordigia prolifera incontrollabilmente consumando ogni cosa fino a portare, con un colpo di spada, a una letterale fine del mondo.

Una menzione a parte merita la splendida animazione in tecnica tradizionale, che ha coinvolto sessanta animatori per quasi dieci anni, e che contiene citazioni visive da tutta la storia dello Studio Ghibli, da La principessa Mononoke a La città incantata, da Il castello errante di Howl a Si alza il vento, oltre che omaggi ad artisti e animatori stimati da Miyazaki: nel trauma dei bombardamenti incendiari durante la seconda guerra mondiale e nella suggestiva corsa di Mahito verso l’ospedale in fiamme emergono chiaramente i ricordi delle scene corrispondenti da Una tomba per le lucciole e dalla Storia della principessa splendente, opere dell’amico e cofondatore dello Studio Ghibli Isao Takahata, morto nel 2018.

Con questo film Miyazaki tira le fila della sua poetica e mette sul tavolo la questione bruciante che si trova al centro di tutti i suoi film, attraverso quella triade di temi ricorrenti che sono la denuncia assoluta della guerra, la difesa della natura come unica forza capace di ammortizzare il male del mondo riciclando la violenza in vita, e il dolore (anti-disneyano) per la perdita irrecuperabile dell’infanzia e della sua magia. Al cuore di tutto la questione morale: constatato che il mondo è un posto spietato, impregnato di crudeltà e violenza, e che questa sua struttura malata non può essere rifatta con un miracoloso gesto salvifico, ognuno di noi deve decidere come usare il piccolo margine di libertà che ci è concesso. Decidere se essere una forza del male o una forza del bene. È la domanda ispirata dal romanzo di Genzaburō Yoshino che originariamente prestava il titolo al film e che Miyazaki pone al pubblico in modo diretto e senza filtri: una volta cadute le illusioni, caduta la fede in una futura redenzione cosmica e caduta l’idea stessa della divinità, voi, come vivrete?

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