allegoriaonline.it

rivista semestrale

anno XXXVI - terza serie

numero 90

luglio/dicembre 2024

Franco Nasi – Vivian Lamarque, L’amore da vecchia

[ Mondadori, Milano 2022 ]

Dimenticare o confondere i nomi delle persone succede sempre più spesso man mano che si invecchia. Tante sono le persone che si sono conosciute e nominate nella vita che alcuni dei loro nomi si dimenticano, scompaiono o si sovrappongono. Ci si può allarmare, oppure si può prendere atto che questo avviene come conseguenza del nostro essere nel tempo, così come compaiono le rughe, il corpo si trasforma o la vista si annebbia. Anche queste, come tutte le cose che capitano nella vita, possono essere oggetto della poesia. Affinché la poesia sia qualcosa di diverso da una mera descrizione di un’esperienza comune è necessario che spiazzi e sorprenda chi legge, che sposti l’attenzione dall’evento minimo ad un altro, più generale o più intimo. È quanto accade nella poesia incipitale I nomi degli amanti dell’ultima e pluripremiata raccolta L’amore da vecchia di Lamarque. Si inizia con una domanda, «Confondere i bei nomi / degli amanti?». Ci troviamo catapultati in situazioni imbarazzanti in cui abbiamo imperdonabilmente pronunciato un nome sbagliato nel momento sbagliato. Ma d’improvviso la poesia ci porta in un altro mondo: «Chiedo perdono all’Olmo / quando lo chiamo Faggio / e al Frassino quando lo chiamo / Acacia, Quanto si offese il Carpino / quando non lo riconobbi». È il mondo delle piante che conosciamo male e non nominiamo ormai più: alberi senza nome, per i quali, come scriveva Giuseppe Conte in L’oceano e il ragazzo (1983), il poeta dovrebbe farsi archeologo, dissotterrando i nomi degli alberi che la nostra civiltà ha dimenticato o sterminato. Altro scarto repentino e Lamarque ci riporta al punto di partenza: «Mi perdoni il Larice che l’ho chiamato Abete… // e perdono chiedo ai fidanzati. // Tutti dimenticati? / No, i loro nomi ho ancora dentro tutti / incisi, ma come per nebbia / confondo un poco rami e mani, colore / delle foglie e dei capelli». Di nuovo uno scarto che spiazza, questa volta con una sovrapposizione dei due campi semantici, le piante e le persone, che si fondono in una metamorfosi ovidiana, e che conduce all’immagine di un futuro in cui uomini e alberi saranno una cosa sola: «Saremo presto boschi tutti quanti insieme? / da una vita passeremo a un’altra, dove? come?». Questa metamorfosi e corrispondenza essenziale, che ritorna in altre poesie della raccolta e che con garbo indica anche un modo di intendere la vita come ciclo infinito di trasformazioni e corrispondenze, sembra scaturire da un ingenuo gioco di parole «rami mani», che fa da innesco alla compenetrazione fra umano e non umano.

In questa raccolta ritornano gli stilemi di Lamarque che l’hanno resa una delle voci più amate oggi in Italia. Con la sua originalità leggerissima, e con la sua autoironia epigrammatica, si inserisce nella linea anti-modernista di Palazzeschi, Saba, Penna, Caproni, e in quella che ringrazia la vita per quello che è, con le sue contraddizioni e bellezze, penso alle poesie di Mariangela Gualtieri, di Chandra Candiani, di Szymborska. La sua poesia ricerca una misura per raccontare la complessità della vita attraverso il gioco dei versi, con la loro nascosta musicalità metrica (molti gli endecasillabi o i settenari nascosti in una versificazione libera), le rime interne, le frequenti anastrofi, che danno un tocco di sorpresa infantile alle strutture sintattiche, la scelta di un lessico mai involuto, ma sorvegliatamente naturale, con le parole quotidiane rinverdite e risignificate nella nuova struttura poetica.

In una dedica, a inizio raccolta, Lamarque elenca gli oggetti del suo amore da vecchia (anche questo titolo, splendido per la sua diretta eloquenza, priva di falsi infingimenti): «Quale amore in queste poesie? // per la bella d’erbe famiglia, e d’animali / per la famiglia di cari nipoti e cara figlia / per i treni e il tempo […] / per il cinematografo […] / per la poesia […] / per qualche fuori tempo innamoramento (per due o tre di voi che non lo sanno) / e per me stessa naturalmente…»: tutti temi che sono declinati in questo «amore da vecchia », un amore, sentito o immaginato, che si fa ricerca morale, ricerca di sé attraverso le cose quotidiane, ricerca di saggezza.

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