La questione che intendo porre si discosta dal dibattito relativo alla critica tematica: essa riguarda invece il rapporto fra i temi empirici che si producono e si ritrovano nel testo e quell’aspetto che definiamo, sulla scia di Aristotele, col termine di dianoia, o, se più piace, di pensiero, significato, meaning; nucleo generatore (o ‘idea ispiratrice’) sempre attivo che sta alle spalle del concreto pro cesso di trattamento ed elaborazione dei temi.
Spetta a Cesare Segre il merito di aver riproposto, anni fa, anche tale questione, desunta direttamente da Frye e indirettamente da Panofski.1 Il “tema” è dunque, in tale prospettiva, sempre qualcosa di duplice, definendo l’uno e l’altro aspetto della rappresentazione letteraria. Si tratta di una duplicità di senso, o forse di una ambiguità lessicale (che comunque riguarda un processo reale) presente soprattutto nel pensiero teorico dello studioso canadese, ma che altri hanno affrontato sulla sua scia.
In tale rapporto hanno spazio non secondario modalità e condizioni della rappresentazione (ossia della concreta “messa in scena” dei temi in quanto concrezioni dell’immaginario). Voglio affrontare tale questione, nella convinzione che essa intersechi in più di un punto le discussioni sulla critica tematica, ma persuaso che essa ha anche una sua autonomia. Preciso: non ho titoli, come si dice, sull’argomento: richiamo dunque le ragioni – empiriche – della mia attenzione.
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