[ a cura di N. Fusini, trad. it. di R. Deidier, N. Fusini, V. Papetti, Mondadori, Milano 2019 ]
Da tempo si sentiva la necessità di un’edizione completa italiana delle opere di John Keats, a lungo restato tra i poeti più popolari nel nostro paese seppure privo di una veste editoriale adeguata non solo al favore del pubblico, ma anche all’incontestabile centralità che questo poeta può vantare nella tradizione poetica moderna. È peraltro interessante notare che negli ultimi anni è chiara nel mercato della letteratura inglese in Italia una tendenza a riportare in luce poeti romantici le cui storie editoriali sono spesso ingarbugliate: nel 2018 i «Meridiani» hanno accolto un doppio volume dedicato a P.B. Shelley, inaugurando una nuova linea che accosta ai romantici americani da sempre in catalogo (Whitman, Poe, Hawthorne) anche alcuni “cugini” europei. Marsilio, dal canto suo, ha riproposto nella sua «Letteratura universale» La ballata del vecchio marinaio (2017) e il Manfred (2019). Questo interesse si innesta su una politica editoriale abbastanza continuativa di Mondadori, che nel 2005 aveva proposto la ricca antologia Poeti romantici inglesi curata da Franco Buffoni, dove Keats appare per la prima volta restituito al pubblico dopo un momento di particolare interesse negli anni Ottanta. Allora erano uscite in rapida successione le Lettere sulla poesia (1984, a cura di Nadia Fusini), le Poesie (1986, a cura di Silvano Sabbadini) e l’Endimione (1988 a cura di Viola Papetti).
Fusini torna a dirigere le sue attenzioni sul giovane poeta affidandosi proprio a Viola Papetti, che per l’occasione ha aggiornato le sue traduzioni storiche, e a Roberto Deidier, che entra nel progetto editoriale in veste di traduttore-poeta, piuttosto che di anglista. Il volume è quindi frutto di una collaborazione che riesce a mette in luce i tratti distintivi della poesia keatsiana tramite un dialogo serrato con la critica recente, e che sancisce definitivamente l’abbandono di stereotipi sulla genialità del poeta dell’Urna greca, oramai archiviati. Non che Fusini si limiti a ricostruire lo stato dell’arte: così come nel caso dei «Meridiani» dedicati a Woolf, la studiosa ci propone invece una nuova interpretazione di Keats, tutta imperniata sul valore vitalistico ed erotico della Bellezza, che la studiosa suffraga tramite un continuo riferimento all’epistolario, la cui cospicua selezione permette al lettore di seguire un percorso anche cronologico, in cui poesia e riflessione estetica coesistono e si compenetrano. Nella sua densa e ricca introduzione, la curatrice ricostruisce la Bildung di un giovane che legge molto e continuamente, segue public lectures, organizza pellegrinaggi a piedi alla tomba di Robert Burns, cerca, in altre parole, di esporsi a quanti più stimoli possibile affinché si produca la magia dell’ispirazione. Keats è «un uomo che si sostiene sul vuoto del proprio desiderio e impara velocemente a vivere della negazione quasi fosse una pedana di lancio» (p. LVI): non più un efebo, quindi, ma un cultore dell’arte poetica tanto padrone della sua arte da elaborare visioni teoriche spesso illuminanti, come la negative capability dietro a cui il poeta deve schermare la propria esuberanza biografica, o la Airy Citadel che il poeta, simile a un ragno, deve costruire appoggiandosi agli appigli scarsi e incerti forniti dal mondo esterno. La poesia di Keats è un continuo esperimento, figlia di un’irrequietezza che spesso si risolve anche in tentativi poco memorabili, ma che questo volume inserisce nel macrotesto come saggi della continua situazione di «apprendista-stregone-poeta» (p. LXVIII). Le Opere sono quindi un utilissimo strumento, pronto a diventare l’edizione di riferimento che sostituisce una serie di volumi spesso introvabili e comunque parziali. Il volume permetterà altresì al pubblico italiano di inserire anche Keats all’interno di un’idea di Romanticismo europeo che spesso rintraccia negli Inglesi, per ragioni confermate anche da sciagurati eventi recenti, una nota di orgogliosa, finanche sprezzante, separatezza, che però non potrebbe essere più lontana dalla realtà.
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