La storiografia letteraria non riesce a spiegare in modo soddisfacente il cambiamento, benché esso sia un aspetto fondamentale del suo oggetto. Per rendere conto delle trasformazioni collettive e individuali che si osservano da un’epoca all’altra nello spazio dei possibili tematici e formali, nelle poetiche e nei canoni, occorre prendere in considerazione una dimensione solitamente lasciata in ombra: la struttura e il funzionamento del campo di produzione, vale a dire le posizioni degli agenti e i rapporti di forza e di lotta che orientano oggettivamente le loro scelte (anche se, soggettivamente, per lo più sono vissute come libere e disinteressate).
La comparazione permette di distinguere meccanismi generali, operanti in tutti i campi (come, per esempio, le lotte di successione e le strategie mobilitate in queste lotte) e differenze che si spiegano con la storia e la posizione specifica del campo. L’analisi mette alla prova questo modello teorico esaminando alcuni momenti cruciali della storia letteraria italiana tra il 1945 e il 1970 e alcune traiettorie particolarmente significative, come in particolare quelle di Vittorini, Fortini, Pasolini e Calvino.
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