[trad. it. di A. Arduini, Neri Pozza, Vincenza 2012]
Il libro d’esordio di Miroslav Penkov, nato in Bulgaria nel 1982 e residente in America dal 2001, si compone di otto racconti, alcuni dei quali hanno già ricevuto importanti riconoscimenti: nel 2008 la «Southern Review» ha assegnato al racconto Buying Lenin – riproposto nella raccolta – il premio «Eudora Welty» 2007 per la narrativa; un mese dopo, lo stesso testo è stato inserito da Salman Rushdie e Heidi Pitlor nell’antologia 2008 Best American Short Stories; nell’ottobre 2012, infine, il racconto che dà il titolo al volume ora pubblicato da Neri Pozza ha vinto il «BBC International Short Story Award».
Il tema conduttore del libro è la Bulgaria, intesa come realtà geografica e politica. Questo aspetto si manifesta specialmente nel secondo racconto, A est dell’Occidente, dove il confine tra ciò che appartiene all’Occidente e ciò che ne rimane escluso per pochi metri diventa tangibile: è il fiume che taglia il paese di Bulgarsko Selo, separando la sponda serba (occidentale) da quella bulgara (sovietica). Un confine che può essere spostato, quando alcuni abitanti deviano il corso del fiume, oppure attraversato, come fanno Naso e Vera incontrandosi in una chiesa sommersa dalle acque. La relazione tra i due personaggi cresce nell’unico spazio di neutralità esistente e, proprio come l’acqua fluente di cui si alimenta, non riesce a creare un legame stabile, esaurendosi tra rinvii ed attese finché Naso ne trae l’amaro incentivo ad andarsene e a rompere ogni legame con la Bulgaria. Viene così negato il radicamento del personaggio alla terra nativa, inaugurando quella fenomenologia dell’esule che registra un’altra occorrenza nella vicenda della sorella di Naso e del suo fidanzato serbo, freddati da una sentinella mentre pianificano di fuggire in Germania, e che crea un legame diretto con la biografia dell’autore, emigrato dalla Bulgaria negli Stati Uniti non ancora ventenne.
Il prato opaco della copertina, contornato da un cielo cupo che giganteggia su una solitaria figura umana ritratta di spalle, è la sintesi di questa Bulgaria: una terra in cui resistere equivale ad arrugginire e in cui il significato stesso dell’esperienza si definisce in funzione dell’Occidente, sia come proiezione mentale e utopica (Una lettera, Ladri di croci, L’orizzonte notturno), sia come effettivo espatrio (Comprando Lenin, Una fotografia con Yuki, Devshirmeh). Ma nessun personaggio ottiene una piena redenzione. La Bulgaria diviene un corollario antropologico di lacerazioni insuperabili, nel senso che i personaggi non si liberano mai delle ombre del passato. Penkov tratteggia questo processo senza indulgere al patetismo, bensì affrontando una varietà di temi che include diversi gradi di giudizio sul comunismo (dal rispetto in Makedonija e dall’equilibrio in Comprando Lenin, alla condanna in Ladri di croci e L’orizzonte notturno); la denuncia delle aberrazioni religiose (Devshirmeh); le connessioni tra denaro, cultura e destino (La lettera); le minoranze etniche (Una fotografia con Yuki).
Di A est dell’Occidente convince lo stile maturo della narrazione, che sa mediare tra una scrittura metaforica propensa agli sconfinamenti nel fantastico, e una scrittura mimetica, più evidente nei dialoghi. La caratterizzazione dei personaggi è convincente, e resiste alla difficile prova della narrazione breve.
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