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rivista semestrale

anno XXXVI - terza serie

numero 89

gennaio/giugno 2024

Carolina Rossi – Pier Giorgio Zunino, Gadda, Montale e il fascismo

[ Laterza, Bari-Roma 2023 ]

Zunino torna a interessarsi della condotta degli intellettuali sotto il fascismo con un libro dedicato alla parabola di due scrittori: Gadda e Montale. In accordo con i suoi studi precedenti, lo storico argomenta la necessità dei due autori di negoziare la propria autonomia politica e di tutelare la propria vocazione letteraria durante il Ventennio: un atteggiamento conservativo molto comune al tempo negli ambienti della letteratura di ricerca, che dopo il 1945 verrà spesso equivocato come espressione di resistenza al fascismo. Lo stesso Zunino fa riferimento, nel risvolto di copertina, a un «orientamento convergente» dei due scrittori, «oscillante tra una sostanziale indifferenza per il fascismo e l’antifascismo». Una tale definizione, sicuramente problematica anche perché alle soglie del testo, non dovrebbe indurci a facili conclusioni. Alla lettura, infatti, risulta evidente la volontà di restituire la complessità delle traiettorie dei due scrittori che, da veri e propri «outcast» (la definizione è di Montale), non arrivano mai a prese di posizione nette contro il fascismo.

La narrazione biografica che rappresenta il fulcro dell’indagine tende a inscrivere le (rare) attestazioni di natura politica in un quadro più ampio nel quale si avvicendano gli anni della giovinezza e degli esordi letterari, le frequentazioni e le amicizie, i rapporti familiari e quelli con l’ambiente intellettuale. L’andamento cronologico della ricostruzione segue le tappe di un percorso che, più che uniformare le diverse fasi della parabola dei due scrittori, insiste sulle zone di ambiguità e di compromesso nei confronti del regime. La ricostruzione complessiva di Zunino è consolidata da un imponente lavoro d’archivio e dal ricorso a lettere e scritti a carattere privato. Proprio la bibliografia, tuttavia, manca di un serio confronto con gli studi di taglio critico-letterario, da cui una serie di omissioni o sviste (si legge, ad esempio, che nessuno si è mai interrogato sulla scelta di Gadda di ambientare un romanzo come il Pasticciaccio proprio nel 1927). La decisione di «uscire dalla critica letteraria per imboccare le strade della storiografia», se da una parte consente una comprensione più approfondita di fatti generalmente interpretati solo in termini letterari, dall’altra priva chi legge di una dimensione critica essenziale per la messa in relazione della scrittura di Gadda e Montale (una scrittura mai ideologica, eppure nutrita di interessi storici e ambientali) con le coordinate materiali e simboliche del contesto.

Anche la tesi per cui le due traiettorie, pur nella loro «asimmetria», convergono sul piano della postura pubblica risulta problematica, poiché prescinde da un fatto indicativo: nel 1923, anno d’inizio della «resistenza intellettuale» di Montale al fascismo, Gadda aveva aderito da appena due anni al Partito fascista al quale, pur nel suo anticonformismo, rimane iscritto almeno fino al 1939. In linea con l’assunto alla base del libro, nelle conclusioni si assiste a una messa a confronto – insostenibile da un punto di vista ermeneutico – tra la redazione della poesia La primavera hitleriana (forzatamente inedita nel 1939, all’altezza del licenziamento di Montale dal Vieusseux, ma pubblicata nel 1946) con un testo proveniente dalla corrispondenza privata di Gadda, letto anch’esso come prova di un precoce «revirement antimussoliniano». La lettera, scritta nel 1939, per l’alto tasso di letterarietà e la comunanza dei temi (la critica all’«eredo-alcoolico loro Fürer» nemico dell’umanità), arriva a essere definita da Zunino una Primavera hitleriana «in forma di prosa», nonostante si tratti di uno scritto destinato a circolazione privata, coevo, tra l’altro, alla pubblicazione degli articoli tecnico-propagandistici in appoggio alla politica e alle istituzioni di regime. Forzate le conclusioni nel segno di questa lettura parallela, il quadro sembra perdere di profondità e i profili dei due autori – caratterizzati, a ben vedere, da strategie di distinzione molto diverse – risultano appiattiti alla sola dimensione biografica.

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