Cos’è questo libro? È la prima domanda che mi sono posta quando ho cominciato a leggerlo, e mi pare che sia l’interrogativo alla base della scelta di «Allegoria» di discuterlo. Non parliamo quindi in primo luogo di storia degli esorcismi, storia della Chiesa, storia dei gesuiti, temi sui quali peraltro non sarei sufficientemente competente. Ci chiediamo, come domanda preliminare, cosa stiamo leggendo. Vi propongo qui alcune delle cose che ho pensato.
Dagli elementi formali è immediatamente evidente che non si tratta (semplicemente) di un saggio storico, o almeno che il libro si ribella ad alcune norme compositive che di regola caratterizzano la forma saggio e ne costituiscono in parte non piccola anche la sostanza. Mancano un’introduzione o una premessa che inquadrino il volume nel dibattito scientifico e mettano in evidenza la tesi e il contributo originale della ricerca, sostituite da un primo capitolo che reca un titolo spiazzante – Roma, una data vicina a oggi, ma non è così importante. Miei appunti – e un incipit ancora più spiazzante – «Ho un ricordo piuttosto vago di come sono andate le cose» (VeD, p. 5). Non ci viene mai detto esplicitamente, insomma, perché questo tema, questo libro sono importanti e per chi, in violazione di una regola del gioco che si impara da quando si mette a punto il primo progetto di ricerca. Mancano (del tutto!) gli esponenti di nota, così familiari a chiunque legga e scriva saggistica, tanto amichevoli e rassicuranti che in queste poche righe ne avrei già voluti aggiungere un certo numero perché altrimenti, per habitus professionale, mi pare di non poter scrivere e nemmeno pensare. Manca, non so se per scelta dell’editore o dell’autrice, un indice dei nomi. Bisogna arrivare alla fine del volume per trovare un apparato molto ben curato che dà conto degli archivi consultati, offre delle note discorsive in cui l’autrice rivela capitolo per capitolo le fonti primarie e secondarie nel pieno rispetto delle convenzioni accademiche, e si conclude con una bibliografia ricca e aggiornata. Non si dice, neanche in questa sezione finale, come questo contributo si inserisce nel dibattito storiografico italiano e internazionale su una serie di temi. Questo escamotage che riguarda le note non è certamente inedito, anzi è incoraggiato dagli editori per alcuni volumi considerati interessanti da un punto di vista commerciale, nella convinzione che le note possano spaventare o quanto meno annoiare il lettore non addetto ai lavori. Per fare un unico esempio, recentemente ho discusso la traduzione italiana dell’ultimo lavoro di John Dickie, I liberi muratori (2020), che è costruito allo stesso modo e che racconta la storia della massoneria attraverso la narrazione di storie – secondo una tecnica di storytelling
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