[ Carocci, Roma 2019 ]
«Perché? Già maestro sugnu»: con queste parole Leonardo Sciascia rispondeva all’offerta di una laurea honoris causa proveniente dall’università di Messina; né si tratta dell’unica occasione in cui lo scrittore ha reclamato per sé il mestiere di maestro elementare, di scoli vasci, magari a depotenziare l’appellativo di Maestro con la maiuscola rivoltogli dagli interlocutori. Se la rivendicazione appare in sintonia con la riservatezza e l’understatement sciasciani, e come loro espressione è stata spesso interpretata, Barbara Distefano propone di riconsiderare anche quale ruolo abbia avuto l’insegnamento nella carriera dello scrittore, sia agli esordi, sia in quanto articolazione di un costante impegno pedagogico all’interno del percorso di militanza civile.
Sciascia fu maestro a Racalmuto tra il 1949-50 e il 1956-57. Di tale esperienza rimangono i registri di classe in cui, insieme al programma svolto, annotava la distanza tra le indicazioni ministeriali e i bisogni sociali ed economici dei bambini, e la frustrazione della «lezione impossibile» (pp. 10-11, un topos, questo, assente in De Amicis, ma poi ricorrente nelle scritture sull’insegnamento secondo-novecentesche, specialmente dal Sud). I registri, riportati per la prima volta integralmente nell’ultimo capitolo del volume, non solo si leggono come un prezioso documento storico dell’istituzione scuola nella prima Italia repubblicana, ma costituiscono anche l’avantesto delle Cronache scolastiche, che segnalarono Sciascia all’attenzione nazionale nelle pagine di «Nuovi argomenti» e all’interno di Le parrocchie di Regalpetra (1956).
Oltre ad analizzare i travasi di situazioni, stili e temi dai resoconti burocratici alla prosa letteraria, e in specie la messa a fuoco della critica sociale, il volume ripercorre le tappe della rifessione sciasciana su temi pedagogici e ne ricostruisce la pratica didattica, dando conto anche della collaborazione con l’editore palermitano Palumbo per la realizzazione di un’antologia di letture per le scuole medie, L’età e le età (1980-1982). Con rigore metodologico e piglio militante, Distefano utilizza il caso di Sciascia per discutere la categoria degli scrittori insegnanti, tanto ben rappresentata all’interno del canone letterario quanto ai margini dell’attenzione critica, e sottolineare la rilevanza degli archivi scolastici come fonte finora negletta nelle raccolte di carte d’autore. La monografa si richiama in questo alle sollecitazioni di Romano Luperini, che a più riprese ha denunciato il «sovrano disinteresse universitario nei confronti della scuola», e ancora prima di Carlo Dionisotti, che sin da Geografa e storia della letteratura italiana esortava a considerare la scuola come luogo tanto di trasmissione della letteratura quanto della sua produzione (p. 163).
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