1. Scatole cinesi
I dibattiti e le polemiche – certo con più evidenza da quando esistono i social network, ma a ben guardare da sempre – sono a volte giochi di scatole cinesi, in cui i contesti interpretativi impazziscono.
La polemica sull’«appello dei 600» non ha fatto eccezione. Bisogna dire che il la al discordo è stato dato dal contenuto stesso dell’appello, molto confuso, perché mescolava senza distinzione problemi di apprendimento linguistico, di disciplina e “serietà”, di valutazione, di tenuta del sistema scolastico. Da questo iniziale passo falso, però, si è arrivati allo scontro tra Reazione e Progresso.
Ma nel caso del dibattito sull’apprendimento della lingua, il discorso è aggravato da una confusione originaria, che data agli Sessanta e Settanta, quando si è cominciato a parlare di educazione linguistica. I corto circuiti che da allora ci accompagnano sono, schematicamente, questi: sovradeterminazione politica delle pratiche didattiche, per cui ci sarebbero pratiche di destra e pratiche di sinistra; sovrapposizione, per non dire perfetta coincidenza, tra educazione linguistica, inclusione sociale, partecipazione alla vita democratica; confusione tra teoria e prassi, per cui si rimuove la differenza costitutiva tra prescrizioni magari sensate al livello della scienza linguistica ma non sempre facili da applicare sul terreno della didassi.
In questo quadro rimettere ordine non è facile. Le vecchie questioni…
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