1. Prologo: l’aula vuota
Comincio a scrivere questa nota seduto alla cattedra della mia quarta effe. Sono le nove e mezza del sette di giugno, penultimo giorno di scuola, ed è un mercoledì. Io il mercoledì dalle nove alle undici ho lezione di italiano in questa classe. Eppure oggi sono da solo. I banchi sono tristemente vuoti, a parte un po’ di fogli di appunti stropicciati e alcuni libri abbandonati che i bidelli hanno messo in bella vista, forse nella speranza che qualcuno prima o poi passi a recuperarli.
La mia quarta effe non è più in aula da un paio di settimane, da quando ha iniziato lo stage previsto per tutti gli alunni delle scuole superiori d’Italia dal progetto di alternanza scuola-lavoro. Dunque quei diciannove studenti, oggi, non sono qui a leggere con me Leopardi o Manzoni, ma da qualche parte in giro per la provincia: in un museo o in un negozio di biancheria intima, in biblioteca comunale, nella fabbrica di scarpe dell’amico o nell’azienda agricola di un lontano parente, alla stazione dei carabinieri o nelle scuole elementari del paese qui vicino. Ieri ho chiamato in comune – ufficio cultura – per un’informazione qualsiasi e mi ha risposto uno di loro: non sapeva dirmi nulla di quello che mi serviva, naturalmente, e mi ha passato l’addetto preposto. Mentre quel ragazzo rispondeva al telefono, probabilmente…
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