È molto difficile discutere pacatamente Universitaly di Federico Bertoni: nonostante sia un libro piano, conversevole, onesto, necessario. La fatica, la sofferenza e l’imbarazzo che si provano nell’affrontarlo conseguono alla difficoltà di mettere in discussione la condizione odierna dell’Università e dunque, al contempo, un ambiente di lavoro, la situazione della ricerca, lo stato della riproduzione culturale e della formazione. Non si dispone più delle parole e dei concetti per attraversare l’ambito, economico e politico, dei problemi sollevati: troppa diffrazione nei paradigmi interpretativi, specie se si aggiunge che, nell’immaginario collettivo, l’Università è passata in tre o quattro decenni da emblema stesso di critica, aggregazione e lotta a costoso e frammentato percorso creditizio per l’accesso alle professioni. E a icona stessa della “casta” e dei privilegi. In questa situazione si può finire semplicemente col concedere muto consenso all’autore e a ciò che il suo libro argomenta o, viceversa, con l’avversarlo stizziti, come davanti a chi abbia con troppo candore svelato una verità sotto gli occhi di tutti ma notoriamente immodificabile.
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