[ a cura di N. Scaffai, Edizioni della Normale, Pisa 2023 ]
Dopo Gli oggetti di Montale (2002), dove lo sguardo critico di Luigi Blasucci si era soffermato soprattutto sulle valenze poetiche della presenza dell’oggetto nell’opera di Eugenio Montale, i Nuovi studi montaliani, pubblicati lo scorso giugno per i tipi delle Edizioni della Normale, testimoniano l’ultima fase della sua lunga carriera montaliana, che era cominciata con una lettura di Nuove stanze nel 1974. Sotto il titolo del libro in questione, scelto dal curatore Niccolò Scaffai, sono infatti raccolti gli ultimi sette interventi del critico sull’opera del poeta, editi su rivista o in volume tra il 2005 e il 2013. Gli studi sono divisi in due parti: la prima contiene cinque letture specifiche di poesie disposte in progressione cronologica secondo la loro collocazione nell’opera montaliana, la seconda due saggi rispettivamente su Contini critico di Montale e sulla lettura di testi leopardiani e montaliani in classe.
Il saggio che apre la prima parte del libro prende in analisi l’“osso breve” Spesso il male di vivere ho incontrato. Come per quasi tutte le letture contenute del volume, Blasucci parte dall’analisi metrico- formale della lirica, per andare poi a sciogliere il significato di alcuni passi e mettere in risalto le connessioni con altri testi dentro e fuori dall’opera montaliana, anche tramite lo studio del valore poetico delle immagini e delle figure adottate; in questo caso specifico, il contributo si conclude con l’analisi del rapporto della poesia di Montale con lo “squarcio del velo di Maya” teorizzato da Schopenhauer. Il saggio successivo affronta la lettura del “mottetto” Non recidere, forbice, quel volto, con particolare attenzione al valore di correlativo oggettivo della forbice e un’analisi delle valenze della figura di Clizia nella carriera montaliana. Nel terzo saggio, Blasucci tratteggia una storia per esempi dell’anafora nell’opera di Montale, soffermandosi poi su alcuni casi di Satura e, in particolare, su Divinità in incognito: la pervasività dell’espediente letterario, proprio a partire da questa raccolta, altera la funzione che aveva avuto fino a quel momento in cui si fa soprattutto «figura del raziocinio, con funzioni di volta in volta catalogatorie o asseverative» (p. 33). Il quarto intervento insiste ancora su un testo di Satura, Le stagioni, e sull’intensificarsi dell’uso dell’anafora nel libro: in questo caso, Blasucci si sofferma sul significato antifrastico, rispetto a una lunga tradizione poetica, che le stagioni hanno per Montale. Il contributo che chiude la prima parte del volume è dedicato a chiosare L’Educazione intellettuale, testo che apre l’ultima raccolta, Quaderno di quattro anni, in cui il poeta ripercorre alcune tappe della propria formazione. Questa analisi, meno schematica delle precedenti, punta soprattutto all’indagine sullo sguardo retrospettivo di Montale rivolto agli inizi della sua carriera.
Il sesto saggio, che apre la seconda parte del volume, è una disamina dei contributi di Gianfranco Contini sull’opera di Montale, in cui si delinea la storia del rapporto critico-poeta, anche alla luce dei loro scambi epistolari. L’ultimo intervento di Blasucci è volto a delineare le sue indicazioni per la lettura di Montale e Leopardi in classe a partire dalle sue esperienze di docenza nei licei prima di approdare all’insegnamento accademico; particolare importanza è riservata allo studio della metrica per i ragazzi e le ragazze che si avvicinano per la prima volta al testo poetico.
Il volume è completato da una postfazione in cui Scaffai mette in evidenza, con efficacia, le qualità e i meriti del lavoro critico di Blasucci ripercorrendo la sua carriera come montalista dalle sue origini fino ai nuovi studi del libro in questione, attraverso l’analisi del suo stile critico, della sua figura di “cliziologo” (cfr. p. 114), del valore delle sue analisi sul tema critico dell’oggetto poetico e del suo metodo di commento al testo a partire anche dal suo intenso rapporto con l’opera di Leopardi.
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