allegoriaonline.it

rivista semestrale

anno XXXVI - terza serie

numero 89

gennaio/giugno 2024

Cristina Savettieri – Giani Stuparich, Diario di prigionia 1916-1918

[ a cura di S. Contarini, B. Del Buono, G. Perosa, Edizioni Università di Trieste, Trieste 2023 ]

La pubblicazione del diario che Giani Stuparich tenne tra il 1916 e il 1918, prigioniero in diversi Lager dell’Austria-Ungheria, è un fatto di grande importanza culturale, per almeno tre ordini di ragioni: dal punto di vista di chi lavora sulla storia della cultura della prima guerra mondiale, è un documento di assoluto rilievo, dato il numero relativamente piccolo di diari e memoriali dell’esperienza della prigionia nel contesto italiano; in secondo luogo, sullo sfondo della cultura letteraria degli anni Dieci del Novecento, il diario di Stuparich, zibaldone liminare a un vero e proprio cantiere di scrittura che si espande durante la prigionia, è uno straordinario sismografo delle principali tendenze poetiche e filosofiche di inizio secolo; infine, da journal intime introflesso e piuttosto impermeabile alla restituzione dell’ambiente e della vita quotidiana del campo, esso offre uno spaccato prezioso della grammatica della psiche di un uomo giovane che fa i conti con due esperienze estreme, cioè la prigionia e il lutto per la perdita del fratello, morto suicida sul campo di battaglia proprio per sottrarsi alla cattura da parte delle truppe nemiche. Queste tre angolazioni da cui osservare il diario di Stuparich sono, in questa edizione, esaltate dal lavoro eccellente delle curatrici che, oltre a restituirci limpidamente il testo, lo accompagnano con una ricca serie di materiali: Bianca Del Buono, tanto nell’introduzione quanto nelle accurate note di commento, fissa con precisione le coordinate storico-culturali entro cui leggere il diario e, più in generale, il profilo intellettuale di Stuparich; Giulia Perosa, già curatrice dell’edizione delle lettere tra Giani e suo fratello Carlo (2019), nel suo bel saggio usa il diario come specola da cui osservare le molte zone inesplorate del laboratorio di scrittura di Stuparich, dimostrando come gli anni della prigionia siano un punto di irradiazione da cui partono le direttrici fondamentali dell’opera dello scrittore a venire; Silvia Contarini chiude il volume con un saggio illuminante sui sogni raccontati nel diario, saggiandone temi e modalità discorsive sullo sfondo della cultura psicologica e psicoanalitica di inizio secolo. Ancora a Giulia Perosa si deve un regesto completo delle carte della prigionia di Stuparich: ben strutturato e di facile consultazione, ci restituisce in piccolo, tra le righe apparentemente mute degli elenchi di testi e libri segnati da Stuparich e i frammenti magmatici di una congerie di progetti creativi, un pezzo di storia culturale.

Il diario si presenta anzitutto come luogo di un lavoro del lutto a tratti straziante: le pagine di Giani prigioniero sono piene di immagini di Carlo (ora «Uccio», ora «Lullin»), presenza tanto più tenera, luminosa e idealizzata quanto più cristallizzata dal dolore della perdita in molteplici fermo-immagine. Carlo tracima nei sogni, riaffiora nei ricordi che fanno cortocircuito con il grigiore della vita in reclusione, si infiltra nei dialoghi mentali con la madre. Tutto è pervaso da Carlo, così che la scrittura si fa strumento doloroso della presentificazione fantasmatica – dunque effimera e non consolatoria – di un’assenza non reversibile. Ma il diario esprime anche due tensioni psichiche opposte: in esso, da una parte, il soggetto che scrive e si osserva è scontornato e il contesto materiale del campo è solo sporadicamente evocato, come se le condizioni di possibilità della scrittura dipendessero da uno sforzo di rimozione della realtà della prigionia; dall’altra, i numerosissimi resoconti onirici testimoniano di una resistenza vitale, una forza di riparazione del vissuto traumatico che muove la scrittura ben oltre i confini della registrazione quotidiana del vissuto. È in questa controspinta – Contarini lo spiega con chiarezza – che osserviamo il prigioniero pensarsi scrittore e la funzione terapeutica della scrittura stemperare nell’intenzione poetica. Da questo punto di vista, il diario documenta, anzitutto sul piano esistenziale, la nascita di uno scrittore.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *