D.: «C’est en lisant qu’on devient liseron». «Se fossi famoso come Paul Bourget, mi esibirei tutte le sere in perizoma in una rivista di varietà, e vi garantisco che farei il pienone». Si trovano molti eserghi nelle Regole dell’arte, e quelli che ho appena citato sono di una causticità corrosiva! Citare Queneau e Cravan è un modo di eludere la censura del discorso scientifico?
R.: È un modo di esprimere il mio rapporto con l’arte, o, se preferisce, la mia maniera di amare l’arte… Oppure, è lo stesso, la mia profonda antipatia per i ciechi adoratori della “creazione” o del “creatore”. Le fonti da cui ho tratto le citazioni dimostrano che si trova più spesso questo rifiuto del feticismo tra i “creatori” che tra i commentatori: perlomeno tra quegli artisti che amo particolarmente, probabilmente per la loro libertà nei confronti del personaggio dello scrittore o dell’artista, e dunque verso se stessi, libertà che è una delle condizioni (forse la prima) della libertà nei confronti dei poteri sociali.
Questa disinvoltura, che produce uno sguardo realista – che non significa disincantato o disincantante – sul mondo dell’arte e della letteratura, è meno distante dallo sguardo scientifico del compiacimento narcisistico di coloro che trovano nella celebrazione del culto sacerdotale dell’arte una maniera di celebrare se stessi, di esaltare la profondità della loro cultura e del loro spirito…
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