D.: Dopo quasi tre decenni dalla pubblicazione di «Il Galateo in Bosco» e dell’ «Ipersonetto » al suo interno, in che cosa è cambiata, se è cambiata, la sua valutazione del sonetto, della funzione e delle possibilità di questa forma?
R.: Le devo dire, molto sinteticamente, che non è cambiato niente. L’approdo a Il Galateo in Bosco e all’Ipersonetto è stato quasi un parto, di cui conosco alcuni aspetti, ma non il perché e il come. Fondamentale era l’idea di contrapporre “bosco” a “galateo”: le istituzioni civili, o in generale ogni forma di civiltà, e l’emersione delle forze naturali, che irrompono secondo leggi caotiche o sconosciute.
Già il titolo Il Galateo in Bosco è una contraddizione, una forma ossimorica: il pullulare della realtà spegne tutti i galatei.
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