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rivista semestrale

anno XXXVI - terza serie

numero 89

gennaio/giugno 2024

Donata Meneghelli, Storie proprio così. Il racconto nell’era della narratività totale

[ Morellini, Milano 2013 ]

«Storicizzare sempre!»: con questa esortazione si apriva, oltre trent’anni fa, L’inconscio politico, e sotto l’egida di quello stesso principio, appellandosi all’idea del metacommentario jamesoniano, si apre Storie proprio così di Donata Meneghelli. Posizionandosi consapevolmente al centro di una fase critica in cui «il racconto è dappertutto, e quasi tutto – sembra – è racconto», il libro ha almeno due meriti notevoli. Il primo, esplicito, è di fare il punto sugli studi narratologici all’indomani di quel narrative turn che ne ha volatilizzato e reso onnipresente e inafferrabile l’oggetto. Ripercorrendone le principali categorie, questo lavoro riesce non solo a rimettere a fuoco l’armamentario metodologico dell’analisi testuale, ma anche a tracciare efficacemente il quadro evolutivo di una disciplina astorica e antistorica per vocazione.

In opposizione all’atomismo che tende a dominare la narratologia, Meneghelli ricostruisce i segmenti di una ramificata genealogia che, con un occhio ai traguardi più recenti della possible-worlds theory e del cerchio tipologico di Stanzel riletto da Dorrit Cohn, recupera le origini di diversi concetti e riabilita in particolare Genette, troppo spesso e troppo facilmente liquidato come obsoleto dai suoi stessi allievi, ma di fatto ideatore di molte delle nozioni che costituiscono tuttora i pilastri della disciplina. Il secondo merito, rilevabile soprattutto se si colloca il volume nel contesto delle recenti pubblicazioni in senso ampio narratologiche, è quello di sfuggire alla moda dominante di infilare a forza dentro quella camicia sempre più ampia che è la categoria di “narrativo” gli ambiti limitrofi del cinema, della televisione, della pubblicità, della psicologia, addirittura della giurisprudenza.

Il volume torna alla letteratura nel senso classico del termine (anche se adottando un canone spesso inusuale), scelta in controtendenza che trova la propria validità nella saldezza con cui la strumentazione narratologica risponde alle sollecitazioni dei testi citati, evitando di sgretolarsi, come spesso accade, nello sforzo di far parlare racconti di natura del tutto o in parte extraletteraria. Non trascura peraltro di accennare, pur se limitatamente allo spazio isolato del capitolo- interludio Blind spots, al problema dell’influenza del medium sui meccanismi della composizione e della ricezione, e quindi dell’opportunità (o necessità) di approntare un nuovo ordine di categorie, capace di rendere conto della diversità costitutiva delle nuove forme di narrazione.

Se una critica si può muovere, è forse la mancanza di un capitolo dedicato al personaggio, argomento cui pure la narratologia ha dato importanti contributi teorici: dal modello attanziale, alle varie possibilità di resa delle soggettività dialogiche, allo studio degli elementi indispensabili alla costruzione e alla riconoscibilità di un «ente finzionale». Al suo posto, con una scelta non priva di interesse ma forse un po’ arbitraria, si trova invece un’approfondita esposizione delle teorie della narrative identity, che si sono recentemente spinte a proporre la forma narrativa non solo come modello epistemologico (sulla scia di Ricoeur) ma come struttura etica ed esistenziale: linee di ricerca sicuramente ricche di implicazioni, ma che non riescono a giustificare del tutto l’ampio spazio loro riservato nella distribuzione dei volumi dell’opera.

Una scelta che desta tanta più perplessità se la si considera in rapporto alla presenza di due densi capitoli sul narratore e sul plot, storici poli d’aggregazione delle analisi narratologiche, intelligentemente riassunte e ripresentate, anche se in forma talvolta molto stringata. Prezzo inevitabile da pagare alla dimensione esigua del volume (poco più di duecento pagine per un progetto che ne avrebbe meritate molte di più), riscattata almeno in parte dal notevole e aggiornatissimo apparato bibliografico, che contribuisce a rendere il libro non solo un utile lavoro di riepilogo, ma anche un ottimo strumento di partenza per approfondimenti ulteriori.

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