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rivista semestrale

anno XXXVI - terza serie

numero 89

gennaio/giugno 2024

Hanna Serkowska, Dopo il romanzo. La storia nella letteratura italiana

[Metauro, Pesaro 2012]

Frutto di una lunga e appassionata ricerca, l’ultimo, corposo libro di Hanna Serkowska fornisce un ricco contributo al campo degli studi sul romanzo italiano novecentesco, non solo storico. Entro l’arco cronologico di un sessantennio (compreso tra il 1948 e il 2008), l’analisi ricopre un vasto repertorio di testi fiction e non fiction, dedicati, in forme diverse, alla perlustrazione narrativa della storia italiana. Si va da Anna Banti, letta attraverso la doppia lente dell’«archeologia femminista» e dell’«anti-Risorgimento », a Tabucchi e Stajano, Flaiano e Brizzi, Sciascia e Morante, Consolo e Eco, Vassalli e Deaglio, setacciati alla luce di precisi nodi tematici, prospettati dall’autrice come veri e propri «anelli», e cioè come i momenti più forti e più controversi del nostro recente passato storico: il Risorgimento, il fascismo, il colonialismo, la Resistenza, gli anni di piombo, il Sessantotto.

L’ermeneutica testuale è sistematicamente supportata da una ricognizione ampia e puntuale del dibattito critico sul romanzo storico, soprattutto italiano. Il libro si prospetta, pertanto, come una rigorosa sintesi panoramica e, insieme, come una meditata proposta originale.

Il discorso è animato dall’idea per cui lo spazio letterario si ponga, nel Novecento, come uno dei terreni più fertili, anche rispetto alla storiografia, per affrontare le pagine oscure o rimosse della storia contemporanea. Anche se non più caratterizzato dal desiderio di «comportarsi da storici», l’inarrestabile interesse degli scrittori per la cronaca dei fatti palesa la fiducia in quel carattere «didascalico e moraleggiante» che rende il romanzo a sfondo storico il genere più «idoneo ad accogliere forme di impegno o attenzione verso il mondo extraestetico, con occhio ben fisso sul presente, mentre si rivisita il passato».

Il Novecento si prospetta, così, come un secolo che difende il valore di verità della letteratura, rivendicandone la capacità di intervento non solo sull’ermeneutica, ma persino, forse, sul farsi stesso della storia. Ne deriva che il romanzo storico, «piuttosto che un genere» sia, per Serkowska, «una variante genologica, una struttura di livello inferiore rispetto al genere letterario propriamente detto». Si tratta di un «modulo tematico», che comprende «frutti di metamorfosi, di incrocio, di ibridazione», intessendo «una serie di giochi con la convenzione codificata nel secolo decimonono».

Tali giochi conservano la tradizione, e tuttavia la innovano e rinnovano incessantemente. Per le scritture fondate sull’intreccio tra letteratura e storia, il paradigma ottocentesco è un presupposto insieme imprescindibile e dinamico. Il «dopo» del titolo, qui, non allude alla separazione di una fine, ma enfatizza il moto perpetuo di un’energetica rigenerazione.

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