allegoriaonline.it

rivista semestrale

anno XXXVI - terza serie

numero 89

gennaio/giugno 2024

Irene Cecchini – Simona Baldanzi, Se tornano le rane

[ Alegre, Roma 2022 ]

Dopo varie narrazioni ibride tra reportage ed esperienza personale, Simona Baldanzi esplora il campo della finzione con il suo primo romanzo, Se tornano le rane. Attraverso brevi capitoli, il libro racconta le vicende di una famiglia working class della provincia toscana, facendo emergere un quadro generazionale di voci femminili. Lo stile e l’intento sono quelli delle sue precedenti narrazioni non finzionali, in cui la scrittura privilegia una dimensione materiale che rappresenti istanze sociali spesso escluse da quello che è stato recentemente definito da Prunetti come «il pranzo di gala» della letteratura. In linea con scrittori come Ferracuti e Valenti, Baldanzi narra le difficoltà della classe lavoratrice e la realtà marginale di provincia attraverso un realismo di responsabilità e denuncia. In più, Baldanzi continua a problematizzare il tema del lavoro privilegiando un punto di vista tutto femminile: Anna incarna il desiderio del lavoro come emancipazione; Lucia guarda al lavoro come unica autodeterminazione; Giorgia riconosce il lavoro come profondo esercizio di critica al sistema neoliberista. Nel corso del romanzo la rappresentazione del lavoro accoglie gradualmente una dimensione comunitaria. All’inizio il tema si fonda su un senso logorante di perdita attraverso forme molteplici di straniamento esistenziale, come il vuoto giornaliero, la rinuncia alla casa e ai propri progetti, la sensazione di solitudine. Nelle prime pagine Giorgia è sbrigativamente licenziata e ciò la costringe ad abbandonare Firenze e a trascorrere l’estate insieme a sua figlia Camilla dai genitori Lucia e Giulio in Mugello, mentre il compagno Davide lavora lontano. Il movimento centrifugo dal centro cittadino verso la campagna è il motore di riflessione nel percorso di autoconsapevolezza di Giorgia. Come negli scritti precedenti, Baldanzi sottolinea il legame tra ambiente e lavoro: entrambi presentano gli stessi meccanismi di sfruttamento e le stesse esigenze, come il diritto alla salute e all’abitare, diventando punti d’incontro in chiave anticapitalista. Dopo aver raccontato gli abusi edilizi che hanno segnato il Mugello «terra-cantiere», qui Baldanzi sposta l’attenzione sull’enorme spazio fittizio che è l’Outlet di Barberino, ennesimo playgroud dove far dialogare il corpo-lavoratore e il corpo-territorio. Seguendo i ritmi della bella stagione, Giorgia ripensa alla militanza giovanile nel Pci e in Rifondazione, allo spirito vitale che animava le feste dell’Unità e della Liberazione nei piccoli paesi, e all’apatia in cui forse è caduta dopo il trasferimento in città. Quasi inconsapevolmente si riavvicina ai vecchi compagni, perché «stare senza far niente cominciava a pesarmi» (p. 182), e organizza una campagna di volantinaggio all’Outlet rivolta ai lavoratori. In un percorso di formazione parallelo, la figlia Camilla scopre l’importanza dei legami di classe; per gioco, raccoglie le testimonianze di coloro che lavorano all’Outlet, e cerca di orientarsi nel paese irreale. Qui le case sopra i negozi sono vuote, non esistono farmacie ed edicole, non ci sono parcheggi riservati ai dipendenti. Restano solo il fiume e le sue rane estranei ai meccanismi di consumo, lì prima di ogni altra cosa. Evitando approcci vittimistici o slanci eroici, Baldanzi dà voce alla classe lavoratrice senza retorica, mettendone in luce le idiosincrasie; prima fra tutte, il fascino del possesso e della merce. Così, l’Outlet diventa anche luogo d’evasione, in cui restare affascinati dalle vetrine e dagli oggetti: là «ti puoi spogliare del controllo e della rigidità del paese […] puoi sentire la leggerezza di non avere legami» (p. 49). Anche se l’incrocio fra tema e scelte formali non presenta particolari novità, Baldanzi riesce a unire il sentimento personale a quello collettivo. Attraverso la ricomposizione dell’albero genealogico di famiglia, madre e figlia rintracciano la verità sull’antenata Anna, mentre attraverso l’ascolto dell’altro e dell’ambiente elaborano una nuova consapevolezza: il lavoro non si perde, viene tolto (p. 395); il fiume non si ferma, e le rane continueranno a cercarlo.

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