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rivista semestrale

anno XXXVI - terza serie

numero 89

gennaio/giugno 2024

Gonçalo M. Tavares, Imparare a pregare nell’era della tecnica

[traduzione di R. Francavilla, Feltrinelli, Milano 2011]

Aprender a rezer na era da técnica esce in Portogallo nel 2007, ultimo tassello della tetralogia O Reino [Il regno] del giovane scrittore portoghese Gonçalo M. Tavares, composta da Um homem: Klaus Kump (2003), A máquina de Joseph Walser (2004) e Jerusalem (2004, trad. it. Guanda, Parma 2006). Sin dalle primissime battute Imparare a pregare nell’era della tecnica si presenta come un raffinato laboratorio di decostruzione dei presupposti del Bildungsroman. Il cuore teorico del testo è infatti la distinzione messa in luce da Musil fra romanzo di formazione e romanzo tout court fondato, quest’ultimo, sulla parabola di formazione non di una personalità, bensì di un’idea. Come suggerisce il sottotitolo, «posizione nel mondo di Lenz Buch – mann», la trama segue l’evolversi dell’idea che il protagonista ha di sé e del proprio ruolo nella società e nella Storia.

Il suo è un io sperimentale, un io possibile, mentre gli altri personaggi appaiono come interlocutori, portavoce a loro volta di possibili istanze speculative. Il testo diventa così il luogo in cui mettere a tema la separazione fra uomo e natura e la possibilità di superarla attraverso «la luce della tecnica». Buchmann, di professione medico, è dominato dall’idea controllare “tecnicamente” la malattia, che egli concepisce come anomalia allo stesso tempo biologica e sociale: l’organismo malato è materialmente e moralmente colpevole. Un’idea che, nel passare alla politica, sembra tradursi in ideologia, e che egli non abbandona neppure quando la malattia gli si accanisce contro fino ad annientarlo. Assoggettando la sintassi romanzesca all’indagine filosofica, questa riflessione sul male, sul potere e sulla morte si riallaccia esplicitamente a una radice mitteleuropea e in particolare kafkiana.

Non a caso l’ambientazione volontariamente indefinita – e per questo ancor più inquietante (la paura, si legge nel testo, «proviene da ciò che non riusciamo a vedere ») – sembra recare i tratti di un’ipotetica repubblica di Weimar, teatro dell’affermazione del pragmatismo scientifico, all’interno della quale Tavares svolge la sua ermeneutica della spiritualità. Il «Regno » che dà nome alla tetralogia è il regno umano, e la sua decadenza viene analizzata con gli strumenti propri di quell’orizzonte epistemologico: una «matematica dei sentimenti» che impone di distinguere tra competenza e partecipazione, vivisezionando le emozioni con l’imperturbabilità di un osservatore in laboratorio. Anche a livello formale il romanzo è costruito in modo tale da lasciar trasparire, come in una radiografia, lo scheletro della narrazione, «il cranio del paesaggio». Questa asciuttezza narrativa trapela anche nell’essenzialità del linguaggio che il traduttore italiano ha saputo riprodurre fedelmente.

Con Imparare a pregare nell’era della tecnica il poco più che quarantenne Tavares prosegue una radicale revisione delle forme e dei generi letterari, testimoniata da una produzione che spazia dalla poesia al teatro dal racconto alla riscrittura epica, segnando un passo decisivo anche nell’ambito del romanzo portoghese contemporaneo. La sua via al superamento dei cronici ritardi di questo genere in Portogallo passa per l’assorbimento all’interno del tessuto romanzesco di un genere invece fondamentale e fondante della tradizione lusitana come il saggio, soprattutto di matrice filosofica. In alternativa al paniberismo auspicato da Saramago, Tavares sembra così perseguire l’integrazione del romanzo portoghese nelle forme e nei temi della tradizione europea, dando in tal modo corpo letterario alla secolare utopia lusitana di un possibile affrancamento dalla condizione di margine e retroguardia culturale del vecchio continente.

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