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rivista semestrale

anno XXXVI - terza serie

numero 89

gennaio/giugno 2024

Poesia contemporanea. Tredicesimo quaderno italiano

[ a cura di F. Buffoni, Marcos y Marcos, Milano 2017]

Franco Buffoni, curatore di questo XlII Quaderno italiano di Poesia contemporanea, specifica che «questa non è una antologia di scuola o di tenden­za» (p. 14): il volume raccoglie le sillogi di sette nuovi poeti tutti nati dopo il 1980 e tutti – specifica ancora Buffoni – meritevoli di uguale attenzione. A introdurli ci sono Antonella Anedda, Milo De Ange­lis, Umberto Fiori, Massimo Gezzi, Fabio Pusterla, Flavio Santi e Niccolò Scaffai: una rosa di nomi pre­stigiosi che fa anche sorgere il dubbio, o forse l’au­spicio, che in questo libro una tendenza in realtà ci sia, seppure nel segno dell’eterogeneità. Scorrendo la raccolta con uno sguardo a volo d’uc­cello (come del resto sembra auspicare il curatore) ci si imbatte subito nella lirica: c’è l’idillio non idilli­co di Agostino Cornali, con quei paesaggi impasta­ti di residui naturali e umani, leggende, etimologie e fiabe popolari che ricordano, tra gli altri, quelli di Pusterla e Zanzotto. Ci sono le città fitte di nebbia e gli inverni di Stefano Pini, poesie che si vestono di «brina e galaverna» (p. 241) e cercano di resiste­re ai terremoti, di scoprire uno spiraglio nelle cre­pe della quotidianità. C’è l’immaginario ermetico di Franca Mancinelli, che pur rifuggendo ogni deci­frabilità penetra nella mente del lettore e lascia sempre la traccia di un’esperienza insieme surre­ale ed estremamente vera. C’è, infine, la lirica più “instabile” di Daniele Orso, tentata ora dal fascino delle cose e dell’aneddoto, ora dal bisogno di spie­gare e spiegarsi entro le strutture portanti della forma. Meno prevedibile, invece, è la presenza, ac­canto alla lirica, del racconto in versi di Antonio Lanza, della poesia dialogica, narrativa e sintattica di Claudia Croceo, delle scarne prose poetiche di Jacopo Ramonda e di quelle della già citata Franca Mancinelli. Poesie, queste, che dissimulano l’io nell’invenzione di personaggi, trasformano il «tu» del soggetto lirico nel «tu» di qualcun altro e speri­mentano un ritmo diluito, prosastico, mimetico. Tutta la miscellanea, va detto, è attraversata da temi ricorrenti, quelli ormai famigliari a una genera­zione che cerca l’eccezione nella prossimità: la ca­sa, il paese, la città, il residuo, le crepe, il corpo, gli oggetti di tutti i giorni. Ma il pregio di questo libro sta piuttosto nella varietà dei toni e delle poetiche, nella presenza quasi paritaria di lirica e non lirica e nella complessiva chiarezza degli stili – il che non significa che tutto sia decifrabile, ma che le opere, in genere, si presentano al lettore sotto la veste della limpidezza sintattica ed espositiva. Naturalmente non tutti gli autori convincono allo stesso modo, e non sempre. L’eterogeneità, in questo senso, si percepisce sia nei mezzi che nei risultati: qualcuno è tecnicamente più attrezzato (mi sembra dominare, a questo proposito, la poe­sia di Franca Mancinelli, benché il suo stile sia for­se anche quello più epigonico), qualcuno lo è forse troppo (penso alla forma a volte meccanica di Da­niele Orso), nessuno, però, lo è troppo poco. Qua e là affiorano alcune pose un po’ eccessive – siano esse remissive, autolesioniste o paternalistiche – che rischiano di inficiare la felicità di alcuni testi, ma il libro merita di essere letto sia per il pregio delle singole raccolte sia per il suo esito comples­sivo. In quest’ottica, il desiderio di Frano Buffoni – che è quello di invitare il pubblico a porre l’atten­zione su ben sette poeti contemporaneamente, e «non solo su uno o due di essi» (p. 14) – può dirsi pienamente realizzato.
Si può credere, forse a ragione, che la selezione proposta in questo volume alteri il quadro reale della poesia, dominato ancora dalla lirica. Va ricor­dato, però, che ogni scelta è avallata e introdotta da alcuni tra i poeti più influenti degli ultimi decen­ni, poeti che forse ci stanno anche indicando, se non il senso stesso della loro ricerca, almeno una speranza per il futuro: che la poesia italiana ritrovi i mezzi per espandere nuovamente i suoi confini anche oltre la lirica.

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