[ trad. it. di F. Cambi, Keller, Rovereto 2015 ]
L’editoria italiana, che dopo le prime traduzioni feltrinelliane degli anni Sessanta aveva riservato a Uwe Johnson un interesse sporadico, si accinge ora a riproporne l’opera con lodevole sistematicità; alla traduzione completa degli Jahrestage, avviata nel 2014 da L’Orma, si affianca la pubblicazione del primo romanzo dello scrittore, Ingrid Babendererde. Reifeprüfung 1953, che l’editore Keller offre in una traduzione precisa e affidabile. Scritto tra il 1953 e il 1956 e rifiutato dagli editori tedesco-orientali per motivi di opportunità politica e da Suhrkamp per una certa aura di provincialismo ed esotismo, il romanzo fu pubblicato postumo nel 1985. Nonostante alcuni tratti acerbi, esso rappresenta un’opera di grande rilevanza sia sotto il profilo artistico – la complessa composizione rivela già il notevole ingegno sperimentale dell’autore – sia sotto il profilo storico e autobiografico, in quanto documento della campagna antireligiosa nella DDR degli anni 1952-53 di cui Johnson fu testimone diretto, sia sotto l’aspetto educativo-morale, come monito alla resistenza contro i soprusi del potere. Dal punto di vista tematico è inoltre interessante osservare che l’opera di Johnson si apre e si chiude all’insegna della raffigurazione dell’educazione scolastica nella Germania socialista: la rievocazione degli anni trascorsi da Gesine in un liceo della DDR costituirà, infatti, uno dei più robusti filoni narrativi dell’ultimo volume degli Jahrestage e nella descrizione del contesto scolastico confluiranno, del resto, situazioni e personaggi già presenti nel primo romanzo, all’epoca (1983) ancora inedito.
La vicenda di questo primo romanzo è ambientata in una cittadina del Meclemburgo alla fine del maggio 1953 e ha come protagonisti alcuni maturandi del liceo locale. L’autore mette in scena un conflitto scolastico innescato dal gesto di una studentessa aderente all’associazione evangelica Junge Gemeinde, Elisabeth, la quale, sollecitata da un giovane funzionario a operare una scelta tra l’associazione religiosa e la FDJ, la federazione giovanile del Partito, butta per terra il libretto d’iscrizione della FDJ. A difesa della libertà di espressione e di culto si eleva nell’assemblea scolastica la voce dell’eroina eponima, ingrid Babendererde, che prende a pretesto un capo d’abbigliamento di provenienza occidentale, i pantaloni della compagna Eva Mau su cui il preside Siebmann è intervenuto in modo censorio, per stigmatizzare l’omologazione auspicata dal regime: «Non possiamo certo portare tutti il vestito del signor Siebmann, e neppure possiamo tutti comportarci come lui. Sono dunque favorevole che Eva Mau debba poter portare i pantaloni. […] E sono anche favorevole che Peter Beetz possa portare anche il suo distintivo, anche se è una croce sul globo [il distintivo della Junge Gemeinde, NdR]». Anche Ingrid, come Elisabeth, viene espulsa da scuola; ne segue la fuga a Ovest che la ragazza intraprende insieme al compagno Klaus. La prova di coraggio civile fornita dagli studenti dissenzienti equivale idealmente all’ingresso nell’età adulta e infatti la fuga dei due giovani avviene, simbolicamente, il giorno prima degli esami di maturità. Accanto alle figure degli studenti emerge il variegato corpo docente, che il giovane scrittore raffigura senza schematismi; in mezzo a insegnanti faziosi e fanatici o impauriti e pavidamente rassegnati emerge la figura dell’anziano professor Sedenbohm, uomo colto, scettico e riservato, molto amato dagli studenti, che nell’ambiente totalmente politicizzato della nuova scuola socialista appare come un inviso relitto della pedagogia borghese e che, come tale, sarà infatti allontanato. Eppure, commenta amaro l’autore, era lui «l’unico insegnante che la classe stimava, da cui accettava i rimproveri e il cui elogio valeva ancora qualcosa».
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