[Adelphi, Milano 2014]
Può sembrare strano che una rivista letteraria si occupi di divulgazione scientifica, ma lo è un po’ meno se si pensa che si ispira ad un punto di vista “materialista” fin dal sottotitolo e che la scienza moderna e la fisica in particolare si occupano dei principali argomenti della filosofia (dall’epistemologia alla cosmologia, dalla natura umana fino all’etica). L’agile libretto del fisico teorico Rovelli, che prende le mosse da alcuni articoli usciti sul supplemento domenicale del «Sole 24 ore», fa ripetutamente riferimento alla filosofia (citando Heidegger, Schelling, Spinoza) e si conclude con un’ampia citazione dal De rerum natura di Lucrezio. Fatto davvero strano è che il lavoro abbia tenuto per settimane la testa dei libri più venduti in italia, paese in cui la cultura scientifica ha avuto una vita grama grazie alla chiesa cattolica prima e all’idealismo poi, che informa la scuola dall’epoca di Gentile, impostazione che nessuna riforma è riuscita a smantellare con un progetto alternativo. Così siamo un paese con un deficit cronico di quadri scientifici.
Il merito del libro è di esporre in stile piano la teoria della relatività, la quantistica, la fisica delle particelle e la proposta di una teoria unitaria della fisica, che purtroppo non ha una verifica sperimentale. Rovelli, a partire dall’impostazione materialista di Einstein, che nel suo confronto con Bohr «non voleva cedere sul punto per lui chiave: che esistesse una realtà oggettiva indipendentemente da chi interagisce con chi» (p. 28), ha il merito di definire sia lo spazio che il tempo come entità materiali, attributi intrinseci del cosmo. Per usare una metafora “domestica” dell’astrofisica Margherita Hack, l’universo è una sorta di panettone a struttura granulare che continua incessantemente a lievitare. Proponendo un’ipotesi sulla natura materiale del tempo, basata sulla termodinamica, smentisce le ipotesi antiscientifiche di Heidegger sulla soggettività del tempo (p. 66). Tale impostazione sgombra il campo dalle infiltrazioni idealistiche di cui ha sofferto la fisica novecentesca, a cui si ribellava Einstein, quelle che interpretavano in termini soggettivistici il principio di indeterminazione di Heisenberg, per cui la posizione di una particella nello spazio varia a secondo dell’osservatore. Anche questa modalità interattiva è una qualità materiale intrinseca al cosmo: «le cose del mondo interagiscono in continuazione l’una con l’altra, nel fare ciò lo stato di ciascuna porta traccia dello stato delle altre con cui ha interagito… L’informazione che un sistema fisico ha su un altro sistema, è solo il vincolo che la fisica determina tra lo stato di qualcosa e lo stato di qualcos’altro» (p. 75). Ciò porta ad almeno due conseguenze: noi umani e le nostre conoscenze siamo parte della natura con cui interagiamo; il nostro modo di conoscere è cercare «le tracce di un’antilope – scrutare i dettagli della realtà per dedurre quello che non vediamo direttamente, ma di cui possiamo seguire le tracce» (p. 74). Questo introduce un paradigma venatorio che Carlo Ginzburg (1992) attribuiva alle scienze medico-biologiche, ma che Rovelli applica alla fisica, che quindi non è solo una scienza astratta legata ai linguaggi matematici.
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