[ Transeuropa, Massa 2011 ]
L’ultimo libro di Gabriel Del Sarto si innesta sull’idea di una lirica conciliata con il vissuto quotidiano dell’individuo, che è interpretato come la sola autentica possibilità di indagine esistenziale. Già nel libro d’esordio, I viali (2003), Del Sarto affidava la parola al flusso cosciente della vita privata: questa rappresenta il medium tra le domande di un ego disperso nell’anonimato destrutturante di azioni e di bisogni proiettati sull’uomo dalla società post-postmoderna, informatizzata, e la condizione di radicale isolamento dell’individuo.
Del Sarto scopre un realismo dell’intimità, e lo fa con un’onestà lirica e umana che non è facile trovare nella poesia degli under 40 degli ultimi anni. Non c’è visione né fuga nell’ideale per dar forma all’espressione del soggetto; l’autore trova un senso personale e cerca di raggiungere quello a-personale degli strati di mondo che lo circondano, perché riesce ad essere consapevole di ciò che vive, proprio perché lo vive, nel tassello di realtà che occupa.
In Sul vuoto, però, il realismo dell’intimità non è più soltanto il luogo di conciliazione tra l’io e un campo di forze che ne contrastano il riconoscimento lirico dell’esperienza come avveniva nei Viali.
A un decennio dall’11 settembre 2001, Sul vuoto appare il racconto maturato di un autore che, in una seria analisi lirica dell’intimità, di cui forse sono andate perse certe visioni fresche e originali del libro d’esordio, ha riconosciuto un progressivo disconoscimento della percezione storica che l’uomo occidentale può avere di se stesso. La citazione in epigrafe di R.W. Emerson, che nel saggio Storia (1841) insisteva sul contrasto tra verità della biografia e non-verità della storia, è simbolica se adattata alla condizione contemporanea dell’uomo: questi esiste sul vuoto perché può esistere solo in un’«intimità che salva» (Il senso), ma non può riconoscersi nella logica storica degli eventi.
Infatti, «gli eventi / si dispongono in modo da significare / altro attraversando in un momento / i nostri anni, le scelte, / il presente come lo vediamo» (Questa notte): la biografia è il metro di riconoscimento, mentre la storia è «solo una rappresentazione» che passa e ci sorpassa (Livelli), perché «il resto, le guerre, è lontano da qui / e viviamo in un mondo ovvio, / che non si cura di noi, e lo chiamiamo / casa» (Il senso).
Dell’ultimo libro di Del Sarto colpisce dunque questo messaggio: l’intimità dell’uomo contemporaneo resta sospesa sul vuoto, parla della perdita di una sua proiezione nella storia. È, inoltre, allontanata ogni possibilità di interpretare il senso biografico come unicum lirico.
Si racconta l’esperienza quotidiana con un linguaggio medio e con una trama testuale che impedisce una condensazione privilegiata di senso in ogni singolo componimento: è sviluppata, infatti, una sorta di monologo narrativo in versi, intessuto di metallici richiami tonali tra le poesie e spesso costruito con un andamento che riproduce sequenze in “moviola”, “fotogrammi”, e che a tratti risulta dispersivo. L’«angelo smagrito Gabriel» (Meridiano ovest, IX) raccoglie la vita urbana e fluttua dall’accidentale all’universale, osservando il tempo della normalità e dell’abitudine.
Il tempo è un motivo ossessivo: riconoscerne la cronologia sembra quasi un’illusione, un segno perduto dell’orbita della storia. Ma l’«angelo», a volte, è colpito da segnali stranianti, che sembrano sorreggere le domande e i desideri dell’io e lo rendono sempre più consapevole del vuoto e dell’intimità che fa da contrafforte: sono il colore verde, soprattutto quello delle presenze vegetali, e gli astri da cui si può ricavare una matematica costellazione che rappresenta e connette le vite umane come quella delle galassie.
La precarietà senza la storia, a cui l’uomo occidentale pare essersi abituato nell’ultimo decennio, è singolarmente rappresentata da Gabriel Del Sarto, senza essere mai data per scontata. E, benché la forma del libro sia caratterizzata da alti e bassi stilistici, il senso lirico complessivo e il suo messaggio sono tra i più autentici e tra i più coscienti della generazione poetica a cui Del Sarto appartiene.
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