La letteratura circostante di Gianluigi Simonetti compie un gesto di storicismo radicale. Afferma infatti che, dalla metà degli anni Novanta (p. 9), le cose non sono più come prima: siamo di fronte alla «fine della letteratura di una volta» e all’«erosione dello stile Novecento», come anche alla «fine della società e della critica che li garantiva e difendeva» (p. 35). La diagnosi non è né apocalittica né oltranzistica e, anzi, Simonetti guarda con una qualche ironia al «rimpianto che si respira soprattutto nei consigli di dipartimento delle facoltà di lettere» (p. 15).
Il mutamento che individua non implica «che all’inizio del millennio la letteratura sia morta o stia morendo. A trovarsi in forte difficoltà è semmai un certo tipo di letteratura e un certo tipo di scrittore» (p. 32), che – aggiungerei – ha sostanzialmente le sue radici nel primato che la cultura romantica ha iniziato ad attribuire alla letteratura e all’esperienza estetica, e che oggi si vedrebbe esposto a un duplice attacco. Da un lato, lo spazio culturale, sociale, politico della «letteratura in senso forte» si è ridotto; dall’altro, è enormemente cresciuto lo spazio di una letteratura che, prima ancora di essere mediocre o brutta o insulsa, pensa la scrittura con categorie diverse dall’altra, e si propone come «niente più che un passatempo» (p. 33).
Fai sul pulsante in basso per scaricare l'articolo completo in formato Acrobat PDF.
Se vuoi abbonarti alla rivista o acquistare la versione cartacea fai clic sul pulsante per accedere alla pagina acquisti e abbonamenti.
Lascia un commento