[a cura di G. Rizzo, Marsilio, Venezia 2013]
«Il lavoro da fare è tanto e urgente: questa introduzione vuole essere anche un invito a tutti coloro che, letti i testi qui raccolti, vogliano farsi avanti, ed essere della partita». Così Gianluca Rizzo nel saggio introduttivo («Attivare l’inerzia della carne è già protesta». Il teatro di Elio Pagliarani) al volume che raccoglie, per le sue cure, il teatro (e non solo) di Elio Pagliarani. La «partita» a cui si riferisce Rizzo consiste nel portare allo scoperto i nodi peculiari che nell’opera di Pagliarani legano strettamente poesia e teatro, nodi la cui esistenza era già visibile ma la cui consistenza è ora possibile indagare più in profondità tanto nel merito quanto nell’ancor più interessante metodo.
Il volume rende infatti disponibili alla lettura alcuni scritti di difficile reperibilità o del tutto inediti, distribuendoli in tre sezioni: una per le opere concepite per il teatro (i già editi Le sue ragioni, «libretto per opera», Pelle d’asino, «grottesco per musica», La bella addormentata nel bosco e La bestia di Porpora o Poema di Alessandro, a cui si aggiungono gli inediti L’impero all’asta e Faust di Copenaghen, da leggere – quest’ultimo – accanto a Lezione di fisica); una per due testi catalogati (direi un po’ troppo affrettatamente) come «drammatizzazioni di poesie» (La merce esclusa e il radiodramma Col semaforo rosso, entrambi del 1965 e legati l’uno a Lezione di fisica e l’altro alla Ballata di Rudi); una terza per i «bozzetti/progetti mai realizzati», in cui si trovano anche dei documenti sulla genesi della Ragazza Carla, come il soggetto cinematografico e una preziosa testimonianza d’autore: «nel 1948 mi è capitato di scrivere tre pagine come traccia di una storia che mi sarebbe piaciuto vedere realizzata: poteva essere la traccia di un romanzo, di un soggetto cinematografico, e perché no di un poemetto» (p. 309).
In molti casi, rendendo onore alla familiarità di Pagliarani con «il fiato dello spettatore», ai testi originali vengono accostati i copioni di scena; scelta che è uno dei punti di forza di questa edizione, il cui merito principale mi sembra tuttavia proprio quello di aver avviato una «partita», indicando la complessità dei rapporti che con il teatro (e non solo) intrattiene la poesia, tanto a valle («il teatro come verifica») quanto a monte. Leggendo il volume, infatti, non si può non constatare che la genesi delle opere poetiche è spesso legata a una dimensione scenica e performativa: ad esempio non poche parti della Bella addormentata nel bosco (in teatro nel 1983 e in volume nel 1987) sono confluite nella Ballata di Rudi (1995), dove è entrato anche Col semaforo rosso, trasmesso e pubblicato nel 1965, l’anno in cui andava in scena La merce esclusa, poi inserito in Lezione di fisica (1968); per non dire delle radici cinematografiche della Ragazza Carla.
Il curatore auspica una futura, più completa, edizione del teatro di Pagliarani: credo che la prospettiva dell’esaustività in campo teatrale sia rischiosa, proprio perché sono mobili e sfrangiati i confini tra spettacolo teatrale e performance poetica; insomma la contiguità fra poesia e drammaturgia è talmente forte, che sarebbe da auspicare piuttosto l’ampiezza di edizioni (e sguardi critici) capaci di comprenderle insieme.
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