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rivista semestrale

anno XXXVI - terza serie

numero 89

gennaio/giugno 2024

Giovanni De Luna, Le ragioni di un decennio. 1969-1979. Militanza, violenza, sconfitta, memoria

[Feltrinelli, Milano 2009]

Il monopolio della narrazione dei cosiddetti “anni ’68” è detenuto, da un lato, dalle memorie e testimonianze degli ex-militanti, inevitabilmente inclini ai toni nostalgici e autocelebrativi, dall’altro, dalle inchieste giornalistiche, incentrate spesso esclusivamente sugli eventi più sensazionali, primo fra tutti il caso Moro. Le ragioni di un decennio tenta di rimediare a questa mancanza di una narrazione storiografica rigorosa ed equilibrata. L’autore, lo storico Giovanni De Luna, non è tuttavia estraneo alle vicende ricostruite nel libro, essendo stato uno dei leader di Lotta Continua. Il suo saggio si apre con un elenco di vittime innocenti scomparse dalla memoria pubblica italiana, in gran parte militanti politici di sinistra uccisi dalle forze dell’ordine: pagine molto intense in cui il rigore dello storico si sposa con la passione civile dell’intellettuale.

Nei capitoli successivi, il racconto non procede in ordine cronologico ma tematico, mettendo a fuoco i nodi problematici più complessi del decennio. De Luna polemizza con i volgarizzatori della teoria del “doppio Stato”, a suo parere troppo meccanica e semplicistica, e ritiene che, rispetto al decennio in questione, sia più opportuno parlare di un reciproco intrecciarsi tra la sfera del visibile e quella dell’invisibile e di un dilatarsi di quest’ultima al di là dei suoi confini fisiologici. Per quanto riguarda il tema controverso della violenza, De Luna evita di formulare astratte distinzioni tra terrorismo, violenza politica e lotta armata e adotta un procedimento più empirico cercando di ripercorrere il cammino del Movimento verso una radicalizzazione del conflitto in chiave di opposizione totale. Nella sua interpretazione, le stragi e l’incapacità dello Stato di far luce su di esse sono le principali responsabili della crisi del versante riformista del Movimento, che si era espresso nei primi anni Settanta nella “lunga marcia attraverso le istituzioni”.

De Luna non manca, infine, di affrontare la difficile questione riguardante la memoria degli anni Settanta inserendola all’interno di un’ampia riflessione sulle trasformazioni dei processi di costruzione della memoria nazionale. Egli individua un’importante frattura periodizzante nella fine della Prima Repubblica (’90-’92) quando i partiti non si sono fatti più carico della costruzione e della trasmissione della memoria pubblica, lasciando questo compito alla televisione, la quale produrrà un racconto degli anni Settanta «orientato più a sollecitare il senso del mistero e della suspense che ad alimentare conoscenza e consapevolezza» e rilancerà l’«equazione mobilitazione politica = violenza = terrorismo». Alla sua crisi di legittimità lo Stato ha risposto con una politicizzazione della memoria testimoniata da una fittissima attività legislativa che ha avuto, tuttavia, l’effetto di appiattire la profondità della memoria del passato esclusivamente su di una visione vittimaria.

La soluzione auspicabile resta, secondo De Luna, l’istituzione di una Commissione per la verità e riconciliazione sul modello di quella sudafricana, la quale richiederebbe una preliminare «ammissione della portata del coinvolgimento dello Stato nel terrorismo». Pur volendo riscattare gli anni Settanta dallo stereotipo spettrale degli anni di piombo, la scelta di decifrarli attraverso la parabola di Lotta Continua costringe l’autore a enfatizzare forse eccessivamente i motivi della sconfitta e del fallimento. Oggi, specialmente per la generazione nata dopo quella fervida stagione politica, è difficile leggere come sconfitte le conquiste legislative in materia di diritti civili e non solo (referendum sul divorzio e sull’aborto, Statuto dei lavoratori, legge 180) che, come ha già osservato Gustavo Zagrabelsky, fanno degli anni Settanta il decennio di maggiore concretizzazione dei principi costituzionali. Nonostante questo, Le ragioni di un decennio rimane un contributo storiografico fondamentale per orientarsi in un periodo così complesso della nostra storia recente.

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