[il Mulino, Bologna 2009]
Il volume si presta agevolmente all’impiego negli esami universitari, per la sua brevità che non rinuncia alla completezza; la puntualità dell’informazione e il ricco apparato bibliografico permettono di recuperare con facilità i testi per eventuali approfondimenti. Questa Estetica della letteratura è un libro da tenere sempre a portata di mano. La prima parte offre al lettore una ricognizione storiografica, da Aristotele a Jameson. I costrutti teorici (di filosofi e critici) esposti nel testo sono sempre accompagnati dalla prassi degli scrittori. L’organizzazione della materia in tre capitoli rende esplicita la periodizzazione: l’estetica della letteratura nel suo passato remoto (da Aristotele al Seicento); quella di ieri che la codifica (dal Romanticismo allo Strutturalismo); quella di oggi e domani destinata a innovarla profondamente (dall’estetica della ricezione al posthuman).
D’altra parte la suddivisione è messa parzialmente in discussione dall’autore stesso, che sottolinea i precursori di teorie contemporanee anche da epoche lontane (come per lo Pseudo Longino, ricollegato a certe posizioni di Harold Bloom), e radica in una storia secolare anche le teorie più recenti (come il decostruzionismo). In questo modo si recuperano autori spesso dimenticati o considerati “vecchi”, e contemporaneamente si evita l’eccessiva semplificazione (il principale difetto della manualistica universitaria) sebbene ogni tanto le carrellate e i salti temporali diano un senso di vertigine.
Colpisce poi, soprattutto dopo che Fusillo registra con esattezza il ruolo marginale della letteratura nell’ultimo quarto di secolo, la scommessa finale sulla capacità della scrittura (e principalmente dei romanzi) di «rispondere alle sfide impossibili di un mondo in continua e rapidissima metamorfosi». La seconda parte del libro si concentra su problemi e questioni che nel Novecento hanno movimentato il dibattito critico e teorico della letteratura, più che dell’estetica propriamente detta. Procedendo per nuclei tematici di riflessione, Fusillo disegna (cap. IV) una traiettoria della narrativa che potremmo riassumere come perdita di centralità. Sia il testo che l’autore vengono visti nei loro processi di marginalizzazione, in cui lettore e performance acquistano un peso sempre maggiore.
Al centro di questa riflessione vi è l’analisi della pratica strutturalista e di quanto essa abbia fortemente limitato il campo d’indagine di una generazione intera. Fusillo si concentra più sugli aspetti deleteri dello Strutturalismo che su quelli positivi, e tra tutti i movimenti e le riflessioni critiche di cui si parla nel volume, è l’unico caso di questo tipo: ciò fa pensare che, ancora oggi, i conti con lo Strutturalismo non siano tutti saldati. Infine vengono confrontate alcune coppie di termini che hanno guidato la riflessione letteraria negli ultimi decenni e che descrivono concetti contigui, parzialmente sovrapposti, e non in opposizione perché indicano, spesso da punti di vista diversi, gli stessi fenomeni.
Così abbiamo (tra i campioni più interessanti): camp/queer, finzione/narrazione, spazio/ paesaggio. Interessante anche la riflessione sul binomio parola/immagine, visto come permeabile e destinato a una sempre maggiore ibridazione. Il libro di Fusillo è un ottimo esempio di manualistica: chiaro e conciso, non fa mancare gli spunti interessanti specialmente sul versante più contemporaneo della teoria. Un libro da tenere sempre a portata di mano che anche ragioni, e faccia ragionare, oggigiorno è merce rara.
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