[Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano 2018]
Giorgio Fabre è uno storico già molto noto per i suoi studi sulla censura di stampo razzista in epoca fascista e sulle origini dell’antisemitismo mussoliniano, tra i quali ricordiamo L’elenco. Censura fascista, editoria e autori ebrei (1998) e Mussolini razzista. Dal socialismo al fascismo: la formazione di un antisemita (2005).
In questo ultimo lavoro, Fabre ci offre uno studio molto dettagliato dell’intreccio tra la censura libraria fascista (razzista e non) e l’operato della casa editrice Mondadori, stella nascente dell’editoria italiana tra le due guerre. Un intreccio rappresentato dal rapporto tra Benito Mussolini e Arnoldo Mondadori: il censore e l’editore, appunto.
Il volume è diviso in tre parti. La prima si concentra sull’evoluzione della censura libraria italiana a partire dall’epoca liberale – la Mondadori fu fondata nel 1907 – fino agli anni delle leggi razziali del 1938. Quello che emerge è un quadro talora sorprendente in cui Mussolini interviene spesso in vicende che potrebbero sembrare “minori” rispetto agli affari di Stato, ma che evidentemente considerava importanti. Emerge anche il ruolo fondamentale negli anni Trenta dei romanzi popolari: da un lato portarono la letteratura a diventare un intrattenimento di massa, dall’altro costrinsero il regime a adattare i suoi sistemi di censura, e suscitarono molta ostilità per via del loro successo, segno tangibile dell’impatto delle traduzioni. Colpisce la natura poco sistematica ma efficace (si potrebbe quasi dire persuasiva) della censura libraria di quegli anni dove, in assenza di leggi o regole scritte, tutti erano comunque consapevoli delle esigenze del regime; e dove, grazie ad un rapporto generalmente collaborativo tra la Federazione degli Editori e il Ministero della cultura popolare (e i vari Uffici che l’avevano preceduto), le conseguenze di un errore erano generalmente non gravi. Il rapporto sopravvisse perfino alle drastiche misure antisemitiche imposte dalla Commissione per la bonifica libraria.
La seconda parte prende in esame l’impatto di queste politiche sulla Mondadori. Fabre ricostruisce casi significativi di censura dai quali emergono negoziazioni molto interessanti tra l’editore e il regime. Esamina, inoltre, le pressioni che Mondadori subì per via delle sue collane così ricche di traduzioni. Nelle collane più popolari, come i «Romanzi della palma» e «I gialli», i romanzi uscivano con ritmi «infernali, quasi giornalistici», ma la collana mondadoriana più colpita dalla censura, ci racconta Fabre, fu «Medusa» – un fatto di per sé sorprendente dato il suo carattere meno popolare e dovuto principalmente alla presenza di numerosi autori ebrei e antinazisti. Rispetto ad altri studi sull’argomento, Il censore e l’editore mette maggiormente in luce il rapporto difficile che Mussolini ebbe con Mondadori («figura di massone camuffato da fascista»), di cui apprezzava la modernità ma disapprovava il carattere marcatamente internazionale delle scelte editoriali.
Il bel volume di Fabre si conclude con una terza parte che consiste in un archivio completo di tutti i provvedimenti censori a cui fu soggetta la Mondadori, un lavoro impegnativo e utilissimo. Per ogni provvedimento viene fornita una scheda storica e la sezione è corredata di una bibliografia scelta e di un elenco completo di tutti gli autori i cui libri furono censurati.
Il censore e l’editore è uno studio di grande interesse (al quale una recensione così breve non può rendere giustizia) che racconta l’evoluzione dell’editoria italiana in epoca fascista attraverso due dei suoi protagonisti più significativi. È importante riconoscere, in conclusione, quanto un lavoro di ricerca così ricco e approfondito sia stato reso possibile dall’esistenza di un archivio come quello della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori: il volume di Fabre è una chiara testimonianza del valore di un tale progetto di conservazione.
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