[ a cura di A. Chegai, F. Piperno, A. Rostagno, E. Senici, Carocci, Roma 2017]
Negli ultimi anni si assiste in Italia a una ripresa decisa degli studi storico-musicologici. In particolare, la casa editrice Carocci sta offrendo al lettore una serie di manuali dedicati all’opera (Staffieri, L’opera italiana) e alla storia della musica da Bach a Debussy (Mellace). Di impianto innovativo, per lo meno in ambito italiano, è tuttavia la struttura generale delle Musiche nella storia. Dall’età di Dante alla Grande Guerra. Il volume, di complessive 738 pagine, è curato da Chegai, Piperno, Rostagno e Senici, tutti docenti alla Sapienza, con la collaborazione di dottori di ricerca usciti da quella Università. Ciò pare garantire una certa omogeneità di vedute, un identico humus culturale e una metodologia analitica abbastanza coerente in tutto il volume. L’uniformità di approccio consiste, almeno a livello teorico, nella periodizzazione e nella comune attenzione ai dati storico-sociologici implicati nel discorso musicale, «prioritaria essendo per gli autori l’esposizione delle reciproche interrelazioni fra le attività musicali e le condizioni culturali, sociali o economiche del singolo segmento culturale» (p. 13). Impresa non facile, in quanto è sempre presente il rischio di sciogliere la specificità musicale in una storia della cultura, oppure – all’opposto – di mantenere troppo sullo sfondo proprio la storicità profonda di ogni evento artistico. Si tratta di un’oscillazione piuttosto rischiosa, riconosciuta anche da Caputo, curatore della parte relativa alla prima metà del Novecento: «se la storia non può spiegare del tutto il senso della musica, la musica può forse aiutare a comprendere meglio alcuni momenti della storia» (p. 680). Da qui l’oscillazione metodologica fra un atteggiamento prossimo alla curiosità parcellizzante e, d’altro canto, una visione sociologica di maggior respiro, attenta ai condizionamenti politico-economici. Tenere assieme i due corni del problema è, più che un risultato raggiunto, una vera e propria scommessa tutta giocata sul filo del rasoio. Come già accaduto in ambito letterario (basti pensare alla storia della letteratura per generi di Brioschi e Di Girolamo), infatti, il testo si compone di una serie di saggi, ciascuno affidato a uno specialista, e comunque dotato di un’attenzione soggettiva e di uno stile operativo del tutto personale. Inevitabile, nel complesso, registrare notevoli dislivelli nel trattamento dei periodi musicali, degli autori e delle opere. Spiccano i capitoli affidati ai curatori, in particolare quelli di Antonio Rostagno che affronta l’Ottocento musicale suddividendolo in Concetti, Comportamenti e Composizioni, riuscendo a stabilire in modo convincente una dialettica fra i vari elementi di un contradditorio Romanticismo. Interessante anche il modo in cui analizza il parallelismo Verdi-Wagner, sottolineando le linee comuni di drammaturgia e, talora, di risultati, tanto quanto la disparità di mezzi e di visioni ideali e di poetica. Meno convincente la parte medioevale (a cura di Monari), anche per oggettive difficoltà di comuni cazione in una materia davvero problematica e specialistica. Risulta arduo addentrarsi nelle teorie musicali con pochissimi esempi e senza un adeguato dispiegamento di termini tecnici. La musica e la storiografica musicale, come ricordava Gossett, hanno una specificità irriducibile che, spesso, mal si concilia con prospettive eteronome e latamente sociologiche. Già solo la storia della committenza richiederebbe un volume a parte e, comunque, non può essere soddisfatta da considerazioni intermittenti (alcuni curatori se ne occupano, altri no). La variatio di metodo viene attribuita alla diversità dei periodi storici analizzati, ma si sente la necessità, allora, di una maggiore esplicitazione dei passaggi epocali e del complesso cambiamento dei parametri ideologici.
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