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rivista semestrale

anno XXXVI - terza serie

numero 89

gennaio/giugno 2024

Margherita Ganeri – Roberta Colombi, La verità della finzione. Il romanzo e la storia da Manzoni a Nievo

[ Carocci, Roma 2022 ]

Raffinata studiosa di Nievo e del romanzo italiano tra barocco e Risorgimento, nel suo ultimo libro Roberta Colombi mette mirabilmente a frutto le sue precedenti ricerche e riflessioni. Dedicato alle trasformazioni del romanzo storico tra Manzoni e Nievo, il volume si configura come il risultato maturo di una competente e appassionata dedizione ai temi e agli autori trattati, con un approccio in cui la dimensione teorica diventa elemento essenziale dell’indagine ermeneutica, e viceversa. Che il lavoro origini da e ricada sulla centralità della prospettiva nieviana è l’autrice stessa a sottolinearlo in apertura, esplicitando un interrogativo che l’ha accompagnata fin dalle prime letture delle Confessioni di un italiano: come mai non ha avuto il successo che avrebbe meritato? Il suo modello emotivo-testimoniale, incentrato sul rapporto tra la vita, la storia e l’etica, è infatti, per Colombi, molto più affine alla sensibilità novecentesca di quello documentale manzoniano, condizionato dalla rigida antitesi tra storia e finzione. Per rispondere a questa domanda, e contemporaneamente mostrare la ricchezza della modernità di Nievo, il volume si apre con un corposo capitolo teorico, che, attraverso le lenti di una vasta bibliografia contemporanea, affronta un’ampia serie di questioni che ruotano intorno al rapporto tra storia e finzione nei decenni che precedono le Confessioni. Dopo un rilevante capitolo dedicato a Manzoni, pregevole per informazione bibliografica e per sottigliezza dell’analisi, il secondo capitolo ricostruisce un accurato panorama dei dibattiti ottocenteschi, a partire da Foscolo. La ricognizione permette all’autrice di spiegare tanto il successo dei Promessi sposi, quanto l’innestarsi del processo di sgretolamento del suo modello di genere, il cui superamento si concretizza in Nievo. Questa rottura, che l’autrice chiama «emancipazione», si realizza anche grazie all’influenza di alcuni critici di spicco: particolare spazio è dedicato a Mazzini e a Tenca, definiti opinion leaders del tempo. Il ritratto di Nievo che si delinea nei successivi sei capitoli prende forza dalla ricostruzione del contesto critico-letterario di oltre mezzo secolo. La sua nozione di esperienza della storia e la fiducia nella retorica della seduzione romanzesca generano l’innesto della finzione nel tessuto del novel, e ciò fa delle Confessioni un’opera pioneristica. L’ultimo capitolo indaga le ragioni della mancata fortuna, profilando le risposte cercate in apertura. La censura/oblio è dipesa soprattutto dal clima culturale dell’Italia postunitaria, non più sensibile ai valori risorgimentali, dato che la realtà storica non si mostrò «all’altezza delle aspettative che quel romanzo sollecitava» (p. 222). L’evidenza della sfortuna critica non impedisce però di scommettere sull’ipotesi di una fortuna nascosta di Nievo, una «s(fortuna)», che Colombi rintraccia nel Novecento e potenzialmente oltre, definendo le Confessioni l’opera capostipite della moderna narrativa storica memoriale e testimoniale, che gode ancora oggi di ottima salute.

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