[a cura di P. Antonello e F. Mussgnug, Peter Lang, Bern 2009]
Esauritasi, conclusasi, o quantomeno finalmente accantonata l’ingloriosa epoca postmoderna (ma secondo alcuni addirittura non era mai cominciata), anche in ambito critico-letterario è venuto il tempo dei bilanci. Talvolta troppo affrettati, forse, o comunque drasticamente liquidatori, coerentemente con quel tenace pregiudizio ostile che ha segnato il dibattito italiano sin dai suoi primi sviluppi.
È anche per questa ragione che il volume collettaneo curato da Pierpaolo Antonello e Florian Mussgnug, Postmodern Impegno, si rivela un prezioso contributo per riaprire la discussione sul tema, nonché per dirottarla verso itinerari per lo più trascurati dai summenzionati rendiconti. Il titolo bilingue segnala la presenza di contributi tanto di studiosi italiani (molti di università straniere) quanto di italianisti stranieri (specie di area anglosassone); ma soprattutto, con il suo manifesto e programmatico effetto ossimorico, indica con precisione uno dei presupposti epistemologici delle ricerche raccolte: «If the category of the postmodern has experienced critical resistance, if not outright opposition, within the Italian intellectual field, the notion of impegno, on the contrary, has preserved an aura of strong historical and critical respectability», si legge nell’Introduction.
Questo ed altri spunti ermeneutici (storicizzare il postmoderno, individuare strategie di impegno “post-egemonico”, ragionare sulla questione generazionale, ponderare il portato radicale del pensiero italiano della differenza sessuale, ripensare il mandato civile degli intellettuali nonché la loro risoggettivazione in chiave anche autobiografica) vengono coerentementemente declinati nelle prime due sezioni del volume, «Impegno revisited» e «Theorizing (Postmodern) Impegno»: le più dense di analisi teoriche, dunque, che ospitano gli interventi di Remo Ceserani, Monica Jansen, Jennifer Burns, Giuseppe Stellardi, Alessia Ronchetti, Orsetta Innocenti, Attilio Motta.
Inevitabilmente più esposti all’alea della negoziabilità sono i saggi che, nella terza parte («Genres of Impegno»), campionano lo stato dell’arte, proponendo ipotesi di lettura della produzione letteraria, teatrale e cinematografica contemporanea: se assai convincenti sono quelle prospettate da Robert S.C. Gordon (Postmodernism and the Holocaust in Italy), Rosa Barotsi e Pierpaolo Antonello (The personal and the Political: The Cinema of Nanni Moretti), Pierpaolo Antonello (New Commitment in Italian ‘Theatrical Story-telling’: Memory, Testimony and the Evidential Paradigm), Sergia Adamo (La giustizia del dimenticato: sulla linea giudiziaria nella letteratura del Novecento), Raffaello Palumbo Mosca (Prima e dopo Gomorra: non-fiction novel e impegno), più problematiche appaiono – a mio giudizio – le tesi di Alan O’ Leary (Marco Tullio Giordana, or The Persistence of Impegno) e Giuliana Pieri (Letteratura gialla e noir degli anni Novanta e impegno).
A lettura ultimata, ad ogni modo, un dubbio fecondo sembra poter attecchire anche nell’inospitale terreno critico di casa nostra: che lo si sia fatto finire troppo in fretta, il postmoderno famigerato?
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