[Mimesis, Milano-Udine 2017]
Alberto Comparini dedica uno studio completo e prezioso a una delle opere più complesse di Pavese, Dialoghi con Leucò, unendo l’analisi filologica alla critica testuale e tematica-filosofica. L’elemento cardine, di cui si serve l’autore per dare una nuova lettura dell’opera, è la categoria di modernismo, dispositivo esegetico che permette di inserire i Dialoghi in una corrente storiografica varia ma definita. li libro si divide in sei capitoli, di cui i primi tre manifestano un carattere prettamente filologico, mentre i restanti sono volti a ricostruire la poetica dei Dialoghi. Il primo si sofferma sullo studio degli autografi, attraverso i quali Comparini individua i criteri tematici e stilistici che sono serviti a Pavese per dare uniformità alla raccolta, trasformando i Dialoghi da antologia di racconti mitologici a macrotesto organico. L’unità strutturale si rispecchia anche nell’organizzazione paratestuale, fondamentale al lettore per comprendere le finalità poetiche e filosofiche dello scrittore. Segue la disamina del panorama bibliografico, dall’uscita dell’opera (1947) fino alla svolta avvenuta negli anni ’70-’80 sulla scia degli studi di comparatistica, di cui Comparini mette a fuoco attentamente i cambiamenti critici, decostruendo al tempo stesso i criteri soggettivi che soggiacciono alle interpretazioni. Nel terzo capitolo viene ricostruita la formazione sulla classicità greca e le fonti usate per la composizione dei Dialoghi. Superata l’esperienza scolastica di stampo crociano e lo studio linguisticocomparatista all’università, il periodo del confino a Brancaleone Calabro risulta fondamentale per la genesi dell’opera. In questi anni è preponderante la funzione di Omero per l’idea di libro-unità, che verrà rielaborata in seguito grazie al modello platonico, ma soprattutto per la concezione del sistema dei personaggi. Ultima influenza analizzata da Comparini è la lettura di Vico e dell’antropologia anglosassone e tedesca che costituiscono il fondamento per interpretare e attualizzare il mito. Il rapporto tra narratore e personaggi apre il capitolo seguente, nel quale l’autore ricostruisce la poetica di Pavese attraverso accurati commenti testuali. La ripresa del personaggio omerico, dotato di una valenza ontologica, contaminato con quello teatrale, è inserito in un costrutto dialogico polifonico che coinvolge anche il lettore, a cui spetta la funzione di coro giudice e partecipante al dialogo. I personaggi, a lungo appiattiti dalla critica come referenti del solo Pavese, sono la declinazione di tematiche esistenziali che aspirano a una portata collettiva, esperibile solo nella dimensione dialogica. Anche il mito acquista un valore universale, diventando un dispositivo semiotico capace di unire primordiale e moderno per vie intuitive e irrazionali, funzionale sul piano poetico al superamento del lirismo simbolico verso l’allegoria storica. Qui si trova la cifra modernista di Pavese, a cui Comparini dedica una lettura specifica nel quinto capitolo. L’autore lo inserisce, insieme a Landolfi, Cardarelli, Bontempelli e Savinio, nel modernismo mitico, che, seppure riprende il realismo di Svevo, Tozzi e Pirandello, lo porta su un piano metastorico, fondendo moderno e classico. L’incontro tra tradizioni distanti rielaborate attraverso il realismo polifonico rende il Pavese dei Dialoghi «il modernista per eccellenza», in grado di dare corpo alla frattura epistemologica della modernità. L’opera di Comparini in ultimo dimostra, attraverso i Dialoghi con Leucò, come la categoria di modernismo possa riaprire il dibattito e contribuire a ripensare alcune periodizzazioni del Novecento italiano. Il dialogo, elemento performante della raccolta, si ritrova anche nel capitolo conclusivo del libro, in cui Comparini si concentra sulla convivenza tra apollineo e titanismo nei Dialoghi. Per Pavese, nel caos della modernità è proprio la ricerca del primitivismo titanico che può ridare valore alla parola poetica.
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