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rivista semestrale

anno XXXVI - terza serie

numero 89

gennaio/giugno 2024

Arno Schmidt, Specchi neri

[a cura di D. Pinto, Lavieri, S. Angelo in Formis 2009]

Per Arno Schmidt, vertice del modernismo europeo accanto a Joyce, Gadda e Céline, nonché funambolico rifondatore della lingua tedesca dopo il totalitarismo nazista, a partire della lezione dell’espressionismo, «gli unici percorsi della letteratura sono i vicoli ciechi». Coerente con tale assunto è tutta l’impervia e solitaria traiettoria di questo pestifero Puck delle lettere. Schmidt, il «taglialemma » di Bargfeld, punta dritto contro il Leviatano- Duden, e sabota, incendia il connubio fra parola e potere, scendendo «dentro la rovina del moderno». Dopo l’uscita di Dalla vita di un fauno e di Brand’s Haide, ora, sempre grazie alla traduzione dell’“arnonauta” Domenico Pinto, si completa con Specchi neri la pubblicazione presso Lavieri della trilogia schmidttiana Nobodaddy’s Kinder.

In Specchi neri, come già negli altri due romanzi della trilogia, lo spettro della seconda Guerra Mondiale prende possesso della voce monologante in forma di turbine percettivo ed epifanico, completando il susseguirsi di «utopie negative» in cui l’autore condensa gli effetti di una stagione dell’apocalisse avviata dalla Prima Guerra Mondiale e completatasi con la Seconda. Schmidt drammatizza il monologo interiore, lo traduce in teatro, in corpo pulsante, con una punteggiatura emotiva e un pensiero che si presenta come arcipelago di frammenti, di tessere, fluido e dinamico mosaico della “psiche-corpo”.

Specchi neri è scritto in forma di diario, e rappresenta la favola in nero di un sopravvissuto alla catastrofe nucleare. L’attacco all’autodistruttività umana, che qualche decennio prima Henri Barbusse aveva lanciato con Il fuoco dal massacro del primo conflitto mondiale, e che successivamente avrebbe ripreso Céline nel suo Voyage, è portato alle estreme conseguenze in Specchi neri da una sorta di Robinson Crusoe in bicicletta che si avventura fra le rovine e le carcasse della civiltà, salvando nel suo monologare solipsistico «i relitti del naufragio rinascimentale e illuminista».

Schmidt mette in scena un novello Utys, un anti-eroe che rigetta e denuncia, con il suo livore antimilitarista, la mostruosità “ciclopica” dell’uomo nuovo, divenuto macchina bellica di distruzione. Protagonista di questo romanzo, che ha come sottofondo un inesauribile «frullio acherontico», è un “catastroeuforico” ultimo uomo che costruisce nella brughiera la propria casa-rifugio quale punto finale da apporre, con irrefrenabile piacere, alla storia del genere umano quale sequenza di sopraffazioni e violenze («Per fortuna era tutto finito, e scaracchiai: finito!»). L’improvvisa irruzione, nella seconda parte del romanzo, di Lisa, zingaresca e spigolosa Eva postatomica, serve all’autore per rendere più marcata la disfatta di qualsiasi miraggio idillico.

Al centro di Specchi neri domina infatti una accanita, tragicomica carnevalizzazione del Paradiso terrestre: Lisa, spingendo oltre la sua bicicletta, il suo “Olandese volante”, non può che lasciare il potenziale nuovo Adamo imbambolato nella sua solitudine, nel suo finis terrae. Specchi neri non fa che confermarci l’intuizione di Bachmann secondo la quale nel corso del Novecento non è più l’io a essere nella storia, ma è la storia ad essere nell’io. Per seguire l’“apocalisse della modernità”, che muta la storia dell’Europa novecentesca, i documenti letterari più significativi sono, non a caso, spesso rappresentati da opere in prima persona.

Tale è la trilogia romanzesca scritta da Beckett fra il 1951 e il 1953, in cui la voce del soggetto precipita e risorge senza sosta dal buco nero dello choc bellico, mentre la Trilogia del Nord di Céline con il suo alieniloquio, con il suo gergo sonoro impastato di lirismo e orrore, mette a nudo, per intero, la contraddittoria, perturbante anima del moderno. In questo orizzonte si inserisce a pieno titolo Nobodaddy’s Kinder con i suoi antieroi sopravvissuti al totalitarismo, confermando il peso di Arno Schmidt nel panorama letterario europeo, quale uno dei massimi prestigiatori della lingua e della letteratura del XX secolo.

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